La Calabria è una terra ricca di vitigni autoctoni. Vi proponiamo otto vini, tra bianchi e rossi, ognuno da un’uva diversa.
Pecorello, Greco Bianco, Zibibbo di Pizzo, Mantonico, Greco Nero, Magliocco Dolce, Magliocco Canino e Gaglioppo sono parte dei vitigni autoctoni che compongono la grande biodiversità della Calabria, il polmone del Mediterraneo, denominata “regione dalle molte uve”, con i sui 9 mila ettari impiantati a vigneto e con un patrimonio ampelografico ricco e variegato.
La regione dalle molte uve
Un ambiente generoso e fertile per la vite, quello della Calabria, motivato dalle caratteristiche morfo- geografiche della regione con la fisionomia di penisola, costituita da una dorsale di monti, di pianure, valli, altopiani e coste frastagliate, che aiuta a conservare le numerose varietà di uve che la abitano. Parliamo di circa 250 autoctoni, che concorrono alla produzione di 9 Doc 10 Igt. La regione conosciuta come Enotria è un tessuto di antichi insediamenti dove leggende e miti ruotano intorno al vino, con la viticoltura che si differisce essenzialmente in due tipi: quella interna di montagna e collina (per un 90%) e quella marittima, delle coste bagnata dal mare, con la maggior parte delle uve allevate con il tradizionale alberello.
Le varietà rosse
La cultivar a bacca rossa più diffusa è il Magliocco, che regala vini eleganti e longevi, e insieme al Gaglioppo sono il simbolo della regione, esprimendo terroir, tradizione e innovazione. Il Greco Nero è l’altra uva che promette grandi risultati, specie con qualche anno di sosta in bottiglia. Il Magliocco Dolce (iscritto solo nel 2019 nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite) è un’uva difficile da coltivare per via della tardiva maturazione ma che si lascia perdonare per l’interessante complessità olfattiva e per prestarsi a lunghi invecchiamenti. Infine, il Magliocco Canino, difficile non amarlo: elegante e con ottima spalla acida che insieme ai tannini gli garantisce longevità.
Le varietà bianche
Tra i bianchi, primeggia il Greco Bianco, presente in quasi tutti gli areali della regione e in particolare lungo la costa ionica. Poi il Mantonico, un’uva ricca di polifenoli e dalla struttura importante, complessa, che incornicia in bottiglia la storia locale e la bellezza paesaggistica, mentre l’uva Zibibbo ha rischiato l’estinzione e solo grazie alla temerarietà di un viticoltore oggi è di nuovo sulle tavole, trovando l’habitat favorevole sui terrazzamenti di Pizzo Calabro e manifestando complessità olfattiva e intensità al gusto. Una pregiata espressione di un territorio incantevole. Infine, ma non ultima, l’uva Pecorello, coltivata in prevalenza nell’area della Doc Donnici (provincia di Cosenza), che nella versione da me degustata arriva da terrazzamenti con pendenze importanti, da viticoltura eroica, con le note di durezza e sapidità che si rincorrono nel bicchiere.
Le 8 varietà presentate
Otto varietà di uve che testimoniano il lavoro dei produttori, dove appunto vige la regola che per produrre un grande vino non bastano solo il territorio vocato, il clima e la geomorfologia, ma anche il fattore umano, come componente indispensabile per aspirare all’eccellenza. Diventa così il motore, il tramite che spinge gli appassionati winelover ad andare a scoprire le cantine, facendo da volano all’enoturismo, come appunto testimonianza del territorio. Ed è ciò che è emerso a Vibo, durante l’evento realizzato da Saturnalia Aps, l’edizione invernale della già affermata Vicoli Divini a Vibo Valentia, patrocinato dal Comune e sostenuto dal Gal Terre Vibonesi. Uno spin off “per una Calabria unita”, come ha affermato Rosella Ruggiero, anima dell’evento.
Presenti alla degustazione i rappresentati di consorzi di tutela del vino calabrese, i produttori e gli enti territoriali, per approfondire e conoscere i vitigni rappresentativi della Calabria, portabandiera di altrettante aree vitivinicole.