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Minuscoli e autoctoni

Vitigni antichi coltivati in zone molto ristrette, piccole sacche di resistenza in piccoli territori, ma che arricchiscono il nostro mondo, le sue tradizioni e la sua piccola storia di vini e di persone.

Non conosco personalmente Ernesto Anselmo Cioffi. So che è un piccolo produttore biologico e biodinamico di Pescosolido, un paesino del Frusinate non distante da Campoli Appennino, quasi al confine fra Lazio e Abruzzo e situato a oltre 500 metri sul livello del mare. Poi, con Iolanda Maggio, Stefania Vinciguerra, e in seguito con Daniele Galler della Cantina di Bolzano, e con Federico Ceccarelli de Il Goccetto, abbiamo assaggiato alcuni dei suoi vini “tirati” in pochissime bottiglie. Me le aveva portate Dario Risi della Fondazione Italiana Sommelier, e io, un po’ superficialmente, li avevo messi in coda alle degustazioni che dovevo fare. Mi era successo tanti anni fa con il Montevetrano ’83 di Silvia Imparato, ma evidentemente la cosa non mi ha insegnato granché. Perciò faccio pubblica ammenda e mi scuso.

Ma perché vi racconto questo? Perché un paio dei vini di Cioffi mi sono, e ci sono, piaciuti un sacco, tanto che Iolanda Maggio ne ha scritto un pezzo che leggerete giovedì, se vorrete. Poi perché lui ha recuperato dei vitigni antichi, completamente autoctoni, dai quali ricava vini davvero interessanti e inconsueti. Sono il Maturano Nero, l’Uva Giulia, il Lecinaro rossi e il Pampanaro bianco.

Di cose del genere ne è piena l’Italia del vino e credo che una delle prossime tendenze, magari limitate e di nicchia, ma molto interessanti, sarà quella dei vitigni autoctoni e minuscoli, che vengono coltivati solo in pochissimi posti, e che rappresentano uno degli aspetti fondamentali di ciò che viene definito terroir. Nel Lazio ci sono il Nero Buono, il Bellone, in Toscana l’Orpicchio, in Piemonte il Pelaverga e la Nascetta, solo per fare qualche esempio.

La rivista L’Assaggiatore, organo dell’Onav (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino) che dirigo da qualche anno, ha dedicato per molti numeri una sezione dedicata proprio ai vitigni rari, e verrà a breve proposta una pubblicazione che raccoglierà tutti gli articoli. Per chi volesse approfondire ci sarà materiale da consultare insomma.

Tutto questo costituisce una vera resistenza all’omologazione e alla scomparsa di veri e propri “giacimenti vitivinicoli”, parafrasando quelli “gastronomici” proposti da Davide Paolini tempo fa. Piccole sacche di resistenza in piccoli territori, ma che arricchiscono il nostro mondo, le sue tradizioni e la sua piccola storia di vini e di persone.


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