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Vigna Michelangelo: rinasce una vigna urbana nel cuore di Firenze

Vigna Michelangelo, la prima vigna urbana moderna a Firenze

È rosa la prima vigna urbana moderna di Firenze. Giovani imprenditrici mettono a dimora 700 nuove viti creando Vigna Michelangelo.

Siamo sulla collina che sovrasta l’Arno, a pochi passi da Piazzale Michelangelo, con una vista che spazia dalla cupola del Brunelleschi ai colli di Fiesole, e a fianco del giardino dell’Iris dove è conservato il germoplasma del genere Iris, simbolo di Firenze. Qui si trova un ampio appezzamento a viti e olivi gestito dall’azienda agricola Donne Fittipaldi di Bolgheri, presieduta da Maria Fittipaldi Menarini. Azienda tutta rosa: Maria la conduce con le quattro figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina e insieme si sono lanciate con convinzione ed entusiasmo in un progetto che è contemporaneamente antico e innovativo.

Un progetto nato dalle esperienze vitivinicole bolgheresi, ma anche dai ricordi d’infanzia di Maria Menarini: “quando i primi di settembre, di ritorno dalla villeggiatura, amavo cogliere gli acini e anche alcuni grappoli per la tavola” nei filari coltivati nel parco della casa fiorentina dal padre Mario.

Il sogno di Maria Fittipaldi Menarini: Vigna Michelangelo come sarà nel 2027
Il sogno di Maria Fittipaldi Menarini: Vigna Michelangelo come sarà nel 2027


Il progetto della “
Vigna Urbana Michelangelo” era partito il 29 settembre 2021 con la previsione della completa riconversione dell’impianto in un vigneto giardino perfettamente integrato con l’ambiente circostante, mantenendo inalterate le caratteristiche del paesaggio. La direzione tecnica dei lavori è stata affidata allo stesso team che cura i vigneti bolgheresi: l’agronomo Stefano Bartolomei e l’enologo Emiliano Falsini.

Gli aspetti tecnici della Vigna Michelangelo

Una volta ottenuti tutti i permessi e le autorizzazioni di legge, il 14 marzo 2024 le barbatelle sono state interrate nelle buche. La superficie destinata alla vigna era stata preparata nei mesi precedenti, con una pulizia dalle piante estranee e dalle pietre più grosse. Successivamente sono stati piantati i pali tutori di legno in corrispondenza dello scavo di circa 40 cm necessario per accogliere le barbatelle.

Per l’impianto è stata scelta la forma ad alberello, la forma più antica di allevamento conosciuta, praticata da Greci e Romani, ma anche la più qualitativa e costosa: consente di controllare molto bene lo sviluppo arboreo della pianta e tenerlo limitato a favore di una migliore crescita dei grappoli.  Per l’impianto si è scelta la forma cosiddetta a “quinconce”. Ogni alberello si trova sui vertici di un quadrato che ha un’altra vite al centro, come la faccia di un dado con il numero 5. L’aspetto visivo è scenicamente spettacolare mentre l’occupazione del suolo è ottimizzata e la vite può sviluppare le sue radici nel migliore dei modi anche su terreno ripido come quello di Vigna Michelangelo.

Paolo Valdastri con la famiglia Menarini
Paolo Valdastri con la famiglia Menarini e una barbatella del nuovo vigneto


Così il 14 marzo quaranta tra giornalisti, esperti e comunicatori sono stati invitati per mettere a dimora un ceppo di vite personalizzato con il proprio nome. Quando la vigna entrerà in produzione ognuno di essi riceverà una bottiglia personalizzata che ricorderà la vite impiantata.

I numeri della Vigna Michelangelo

Vigna Michelangelo, la barbatella DoctorWine
Vigna Michelangelo, la barbatella DoctorWine


Per la Vigna Michelangelo sono state impiegate 700 viti di diverse varietà, tutte autoctone toscane:

300 viti sono di Sangiovese, vitigno principe della Toscana, con i cloni scelti nella selezione CCL2000.

150 viti sono di Canaiolo, anch’esso vitigno molto diffuso in tutti gli areali chiantigiani per conferire eleganza e leggerezza al vino.

100 viti sono di Foglia Tonda, vitigno coltivato con successo in Val d’Orcia e nella Valle dell’Arno, che unito al Sangiovese dà maggiore robustezza al vino e maggiore longevità.

Altre 100 viti sono di Pugnitello, varietà che sta offrendo interessanti risultati in Toscana, e che deve il suo nome alla caratteristica forma del grappolo a piccolo pugno chiuso.

Infine, 50 viti sono di Colorino del Val d’Arno, conosciuto anche come Abrostino o Abrusco. Il nome è dovuto alla sua buccia, intensamente dotata di colore rosso cupo. In autunno le foglie si colorano di un rosso fuoco e offrono un effetto scenico unico.

Vigna Michelangelo, la prima barbatella con il suo tutore, messa a dimora il 14 marzo 2024
Vigna Michelangelo, la prima barbatella con il suo tutore, messa a dimora il 14 marzo 2024


Quale futuro per la Vigna Michelangelo? 

Le barbatelle daranno i primi frutti adatti alla vinificazione solo fra tre anni, per raggiungere poi il vertice della qualità molto dopo. Il vino richiede pazienza, ma intanto l’appuntamento è per la vendemmia 2027 con la produzione della prima botte di vino dal vigore interamente michelangelesco. “Da quella botte si ricaveranno circa 700 bottiglie – conclude l’enologo Falsini – da vendere sul mercato internazionale tramite aste con finalità benefiche di sostegno sociale. Il fine della vigna per Maria Fittipaldi non è solo il vino, ma il rapporto che si crea tra uomo, terra e aria, un rapporto che ridimensiona la sterilità del cemento e dell’asfalto con la ricerca di un rispetto reciproco”.

Le vigne urbane, lo stato dell’arte nel 2024

Passeggiando nel centro di Firenze si può percorrere un itinerario completamente dedicato alla vigna. Partendo da Santa Croce si raggiunge Palazzo Vecchio attraversando Via Vinegia e poi Via della Vigna Vecchia, da qui si prosegue verso Palazzo Strozzi per imboccare Via della Vigna Nuova che conduce al Lungarno Vespucci. 

Vigna Michelangelo con i suoi ulivi
Vigna Michelangelo con i suoi ulivi


Già i
Romani, su suggerimento di Catone il Censore, acquistavano terreni da vigna nelle città che fondavano o conquistavano. Poi dal Medio Evo furono i monaci, benedettini, domenicani, vallombrosani, a curare le vigne per produrre il vino per la Santa Messa, salvandole dalle invasioni barbare da nord e moresche dal sud. Poi l’urbanizzazione e la cultura industriale hanno allontanato perentoriamente la vigna dal tessuto urbano, ma di recente il risveglio della cultura ambientale e la ricerca della sostenibilità hanno creato l’esigenza al ritorno del verde all’interno delle grandi città. 

Le vigne urbane nel mondo e in Italia

In tutto il mondo le vigne urbane hanno ritrovato nuova vita. La più antica e la più prestigiosa è sicuramente le Clos Montmartre, immortalato da artisti come Aristide Bruant e Toulouse Lautrec, mentre la più anticonvenzionale è la Rooftop Reds ovvero 42 fioriere su 1.400 mq di tetto sul grattacielo nel Brooklyn Navy Yard che producono circa 300 bottiglie l’anno, tutte contese da appassionati nonostante prezzi non proprio popolari. 

In Italia sono famose la Vigna della Regina a Torino, affacciata sulla Mole e sulla Gran Madre, a Milano la Vigna di Leonardo, ora acquisita dal magnate del lusso Bernard Arnoux del Gruppo LVMH, a Venezia il Clos Venissa a Mazzorbo di Bisol, la vigna dei frati di San Francesco del Gruppo Santa Margherita, a Siena la Senarum Vinea

Scendendo al sud troviamo in Sicilia la Etna Urban Winery, a Pompei i vigneti del Villa dei Misteri di Mastroberardino, a Napoli la vigna San Martino. Da segnalare in particolare la Vigna del Re nella Reggia di Caserta: è curata dallo stesso agronomo della Vigna Michelangelo di Firenze, Stefano Bartolomei, che ha impiantato nella Tenuta delle Reali Delizie, come la definiva Ferdinando di Borbone, il Pallagrello Nero e il Pallagrello Bianco. A Roma ci sono progetti per una vigna a Trinità dei Monti e una, la Vigna Bellone, nel parco del Colosseo.  E ora aVigna Michelangelo: rinasce una vigna urbana nel cuore di Firenze

La nuova vigna messa a dimora il 14 marzo 2024
La nuova vigna messa a dimora il 14 marzo 2024


A sostegno di queste iniziative è nata anche un’associazione, la
Urban Vineyard Association, con la prospettiva di sviluppare un sistema di produzione ecologica, di turismo e accoglienza sostenibile, di riqualificazione di contesti inaccessibili o addirittura degradati che possa fare da tramite tra produttori privati e Istituzioni.

PRODUTTORI

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