L’azienda franciacortina Ca’ del Bosco ha presentato una Riserva Speciale del suo iconico Franciacorta Annamaria Clementi: annata 1980, tra i più grandi assaggi di sempre.
Nel 1980 in Italia si bevevano oltre 80 litri di vino pro capite, più o meno il doppio di oggi, i vigneti promiscui arrivavano a sfiorare il 50% del totale e il vino sfuso era la norma. Molte aziende oggi famosissime non esistevano oppure erano molto diverse da come sono oggi, di Supertuscan ce n’erano una decina, vini come Masseto o Gaia e Rey non erano ancora stati prodotti e l’unico bianco “barriccato” era il Benefizio di Frescobaldi. Esordirono le Docg, i primi furono, in ordine di uscita sul mercato, il Vino Nobile di Montepulciano, il Barbaresco, il Barolo e il Brunello di Montalcino.
L’annata non fu indimenticabile per molti rossi importanti, se ricordo bene ci furono piogge abbastanza diffuse e fece piuttosto fresco in epoca vendemmiale. Perciò molti vini di quell’annata non finirono nelle cantine d’invecchiamento di enoteche, ristoranti o appassionati, si bevvero prima, magari con piacere visto il carattere agile ed elegante che presentavano. Le guide dei vini non esistevano, c’era solo il Catalogo Bolaffi dei Vini d’Italia di Veronelli, che di lì a poco venne edito da Giorgio Mondadori. Le riviste che spopolavano erano Vini&liquori, Il Vino e Civiltà del Bere che ancora esiste.
Perché vi racconto tutto questo? Perché qualche tempo fa mi è capitato di assaggiare nelle cantine di Ca’ del Bosco ad Erbusco, un Franciacorta RS (Riserva Speciale) Annamaria Clementi proprio del 1980. Ma non prodotta e fatta uscire in quegli anni, ma tenuta sui lieviti per 516 mesi e che sarà proposta al pubblico solo ora. Non credo che in Italia sia mai accaduta una cosa del genere e per quanto riguarda gli Champagne solo Krug e pochissimi altri possono vantare bottiglie sur point così vecchie.
La cosa davvero sorprendente, ai limiti dell’incredibile, è che quel Franciacorta è in condizioni d’integrità eccezionale. Sarà stato per l’annata fresca, sarà stato per la perfetta conservazione a temperatura costante, per la chiusura con tappi di sughero particolarmente felici, per la bravura del team di Maurizio Zanella, per quello che volete, insomma. Sta di fatto che era davvero difficile prevedere di poter assaggiare un vino così che nel suo genere è, secondo me, il migliore di sempre nel nostro Paese.
Ovviamente costerà parecchio, credo che sullo scaffale delle enoteche potrebbe raggiungere facilmente 700 euro e ce ne saranno 6.000 bottiglie in tutto. Il blend prevedeva Chardonnay per il 40%, Pinot Nero per il 40% e Pinot Bianco per il 20%. Ora è una vera capsula del tempo che ci riporta magicamente a quarantatré anni fa, quando Maurizio Zanella era un ragazzo di 24 anni e aveva alcuni mentori che lo guidavano nel suo percorso nel mondo del vino. Luigi Veronelli, Giacomo Bologna, Giorgio Grai, Mario Schiopetto, Giannola Nonino e anche Angelo Gaja. Lo conobbi anch’io proprio nel 1980. Avevo ed ho due anni più di lui ed ero come lui alle prime armi. Quindi l’emozione e i ricordi per me sono stati ancora più profondi.