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Il vino fragile

La data prevista per la decisione della Commissione Europea riguardo la posizione da prendere sulle bevande alcoliche, e quindi sul vino, è il 14 febbraio. Quanto sarà penalizzato il nostro mondo?

Avrete letto (anche qui) che negli ultimi tempi c’è un vero e proprio attacco al mondo del vino da parte del Beca, che è l’acronimo per Beating Cancer, e che è il piano che l’Unione Europea ha messo in campo fin dal febbraio dello scorso anno e ha visto la creazione di un’apposita commissione. In realtà il nemico sarebbe l’alcol, ma dato che il vino è una bevanda alcolica secondo il punto di vista della commissione sarebbe da trattare con severità anche lui.

Se passasse questo progetto sarebbero azzerati tutti i contributi finora concessi alla produzione e alla promozione, l’etichettatura potrebbe prevedere l’inserimento di frasi come quelle che ci sono sui pacchetti delle sigarette e poi potrebbe essere messa in piedi una campagna di dissuasione al consumo sulla base che tutto ciò che è potenzialmente cancerogeno sarebbe da evitare. Non è soltanto il vino sul banco degli imputati, ma c’è anche lui e ci sono tutti quelli che se ne occupano a tuti i livelli. 

La parola d’ordine da parte di alcuni commissari è che non esiste consumo responsabile ammissibile e che qualunque ingestione di sostanze alcoliche farebbe male e basta. Non serve parlare di tradizioni, di cultura, di abitudini alimentari, e men che meno di economia, di agricoltura, di paesaggio. Pensate solo che in Italia, ma in Francia e in Spagna la situazione è analoga, ci sono circa 600 mila ettari coltivati a vigneto, seimila chilometri quadrati, una superficie maggiore della Liguria. Se aggiungessimo tutti quelli dell’Unione Europea avremmo una superficie quattro volte maggiore.

Se per caso dovessimo in qualche modo limitarla ci sarebbe non solo un cambiamento del paesaggio anche drastico, ma anche un abbandono dell’attività agricola, con tutte le conseguenze immaginabili sul territorio. Certo, l’alcol può fare male, è una sostanza cancerogena, tutto quello che volete e che non va sottovalutato. Ma penalizzare pesantemente il mondo del vino per questo forse non è il toccasana fondamentale, anche perché, come abbiamo sostenuto in un editoriale precedente, il vino non è solo alcol.

Allora perché c’è questa presa di posizione ammantata di “oggettività scientifica”? Forse, e dico forse, la risposta è nel fatto che il mondo del vino è fragile, i produttori sono moltissimi e piccoli, ed è un bersaglio facile per chi volesse fare propaganda antialcolica. Poi è prodotto solo in determinati Paesi, quasi tutti dell’Europa del sud. Infine dopo le campagne che ci sono state contro le bevande gassate e zuccherate prodotte da alcune grandi multinazionali per motivi dietetici, quasi me lo sarei aspettato che qualcuno avesse alzato un ditino e avesse detto “e allora il vino?”.

Il 14 febbraio, quindi in questi giorni, la Commissione dovrà pronunciarsi e temo che qualche concessione alla comunità scientifica antialcolica dovrà essere fatta anche se la vicepresidente Margaritis Schinas, bontà sua, disse lo scorso anno che di sicuro l’Ue non vieterà il vino e non farà etichettare le bottiglie con frasi allarmanti.

Ma una possibile introduzione di accise, una limitazione ai contributi per la promozione, come i fondi Ocm, con conseguente aumento dei prezzi che limiterebbero naturalmente i consumi dobbiamo attendercele? Speriamo di no, ma prepariamoci a discuterne ancora.

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