Se volete vivere un vera esperienza di cucina Giapponese questo è sicuramente uno dei pochissimi posti della Capitale dove andare a colpo sicuro.
Vent’anni di attività quest’anno. Tanti sono gli anni da cui Sushisen – vero ristorante giapponese come recita l’insegna – ha aperto i battenti a Roma, in zona Piramide. Artefice Kunihiro Giuliano Este, dopo l’esperienza in sala e in cucina in uno dei più famosi ryokan giapponesi, lo Yoshikawaya (una delle residenze estive dell’imperatore) insieme a sua madre Okochi Chikako (che vi accoglierà sorridente vestita nel tradizionale kimono).
Una stradina anonima, qualche gradino da scendere ed eccoci catapultati in un altro continente. Come in un’esperienza immersiva si viene trasportati in un’altro mondo, dagli arredi alle stoviglie, tutto è studiato ad arte per rendere quanto più piacevole e completa l’esperienza gastronomica nipponica. Ben 15 gli chef tutti giapponesi, capitanati da Eiji Yamamoto di Hokkaido, a seguire la cucina e il bellissimo e ricco kaiten. “La nostra cucina è espressione di tradizione e creatività. Partendo dalla qualità assoluta di ingredienti unici e stagionali non cessiamo mai di dare nuove emozioni, che nascono dai sapori autentici della tradizione del Sol Levante”. Alla domanda su quale sia la differenza che più lo ha colpito tra la clientela italiana e quella giapponese, la sua simpatica risposta è stata “Gli italiani prendono la cucina molto più seriamente e per questo c’è molta più soddisfazione”.
Un ristorante giapponese, segnalato anche dalla guida Michelin, che guarda quindi sì alla tradizione nipponica ma che ama attingere a piene mani dalla stagionalità degli ingredienti che offre il mercato. Ci sono percorsi degustazione Omakase che in giapponese significa “mi fido di te” in cui lo chef esprime tutto il suo estro.
Kunihiro Giuliano, il proprietario, torna almeno una volta al mese nella sua terra di origine per rifornirsi di rarità, ingredienti freschi, sake rari e spezie originali, ma anche per scegliere i preziosi piatti realizzati a mano affinché anche l’elemento visivo contribuisca a creare la portata perfetta. Qui si strizza l’occhio in ogni dettaglio a quel perfezionismo tipico giapponese secondo cui nulla può essere lasciato al caso.
Ma veniamo ai piatti assaggiati nel mio percorso Omakase:
Arriva per primo in tavola il Kushi style sashimi – un sashimi di salmone norvegese, gambero rosso di Sicilia e mazzancolla con erba cipollina, vinaigrette alla soia bianca e crema di tofu bio che sembrava un peccato rovinare. Presentato in una sfiziosa pipetta all’interno di un cestino di bamboo. Si prosegue con la Tartare di orata, cachi freschi, noci, gel di vinaigrette e tartufo: delicata ma di carattere. Arriva poi il piatto che più mi ha colpito: volevo assaggiare del riso ed ecco che lo chef manda in tavola un meraviglioso Risotto giapponese con acqua di gamberi, capasanta gigante, vongole veraci, salsa speziata di Okinawa taberu layu. Decisamente e inaspettatamente il piatto migliore della serata. Equilibrio, freschezza, consistenza e sapore, un risotto ben eseguito ma con quel quid di orientale che lo ha reso speciale. Anche i “semplici” Nighiri di tonno, spigola, gambero e pancia di tonno e gli Uramaki nella loro essenzialità rivelano sapienza e grande preparazione tecnica.
La pagina dessert è una chicca in più, cura estrema anche qui dove molti altri ristoranti nipponici lasciano a desiderare: il predessert è una delicata e quasi impalpabile Vellutata di melone bianco e yogurt e i due dolci assaggiati un Rocher alla nocciola Piemontese, daquoise al sesamo nero con cuore al caramello e yuzu giapponese, e una Mousse leggera di cioccolato bianco, castagna e vaniglia tahiti con cuore di pera williams e dacquoise alle mandorle. Entrambi buoni anche se sicuramente il secondo aveva un sapore più intenso e una presentazione superlativa. Non a caso tutti i dolci sono realizzati in collaborazione col Maitre Chocolatier Bellantoni, vincitore dell’International Chocolate Awards come miglior cioccolatiere del mondo.
Degna di nota anche la carta dei vini e la ricchissima la selezione di sakè con bottiglie rare persino in Giappone e le migliori marche come Hakkaisan e Kubota, oltre a una importante selezione di Shochu tra cui il pregiato e antico Awamori di Okinawa e lo Shiso Shochu realizzato secondo la grande tradizione nipponica con le foglie di Shiso.
Non è un ristorante economico ma se volete vivere un vera esperienza di cucina Giapponese questo è sicuramente uno dei pochissimi posti della Capitale dove andare a colpo sicuro.