Il cavaliere Giuseppe Benanti, pioniere della vitivinicoltura etnea, fondatore di Benanti Viticoltori, è morto ieri.
Non si poteva scrivere o parlare di Etna senza citare il cavalier Benanti. Ben prima che la denominazione raggiungesse la fama attuale, Giuseppe Benanti è stato uno dei personaggi chiave per la rinascita dei vini etnei, aveva sempre creduto nelle potenzialità del territorio, stupendo tutti in tempi non sospetti con rossi eleganti e bianchi capaci di evolvere per molti anni, primo tra tutti il Pietramarina.
Alla guida dell’azienda lascia i figli Antonio e Salvino, che hanno ereditato dal padre la grandissima passione per i vini del Vulcano e che stanno portando avanti il suo progetto con determinazione e capacità, guardando avanti e concentrandosi sulla valorizzazione delle peculiarità territoriali, lanciando nuovi vini da singola contrada che raccontano il terroir di tutti e quattro i versanti etnei.
I funerali si terranno sabato 4 febbraio alle ore 10:30 nella Chiesa Madre di Viagrande (CT).
A tutta la famiglia Benanti le condoglianze della redazione di DoctorWine.
I figli Antonio e Salvino lo ricordano così:
“Molti hanno conosciuto l’imprenditore. Noi vorremmo raccontarvi anche l’Uomo, rendendogli omaggio.
Papà è nato nel 1945, nell’immediato dopoguerra, unico figlio maschio di una famiglia numerosa e molto tradizionale. Suo padre Nino, farmacista e gran lavoratore, era sempre in doppiopetto e scarpe lucide e profumava di “colonia e spezie di farmacia”. Sua madre Angelina era invece incaricata di gestire la Famiglia, fondando tale gestione su buona cucina, affetto e belle riunioni domenicali coi tanti parenti. Casa in centro storico, vicino al Duomo. Villeggiatura a Viscalori, frazione di Viagrande.
In questo contesto borghese, Papà avrebbe potuto vivere senza mai mettere piede fuori dalla propria cerchia…. ma lui era diverso, voleva conoscere tutto e tutti. Voleva vedere il mondo non solo oltre lo Stretto, ma oltre l’Italia e l’Europa.
Questo suo modo di essere, la sua infinita energia e la sua curiosità lo hanno portato a vivere gli anni d’oro dell’Italia (’70, ’80, ‘90, ‘00) da protagonista. Ha sì accettato il “consiglio” di suo padre di studiare farmacia, perché un giorno ci sarebbe stata da co-gestire la piccola azienda di famiglia, ma in parallelo ha sviluppato una serie di interessi variegati, dai viaggi (fino a Londra in auto a vedere i Beatles), alla fotografia (specializzato in ritratti, tanti i concorsi vinti), al canottaggio (con il suo amico Pio), ai motori (infiniti i pomeriggi passati a truccare moto da “Nino Gilera”) e, piano piano, al vino.
Il suo percorso nel mondo farmaceutico lo ha portato molto presto a capire che un buon prodotto, senza comunicazione, non può fare strada. Disse a suo padre che voleva “fare marketing” e suo padre, rassegnato, gli disse “OK, prova, ma sono solo americanate”. Il suocero Salvino invece lo incoraggiò. Papà imparò dunque l’inglese da solo, aggiungendolo al suo già buon francese appreso a scuola, cominciò a leggere libri di guru della gestione d’impresa, frequentò seminari e portò tutto questo nell’azienda di famiglia.
Amante della montagna, ha passato tante estati sulle Dolomiti, finendo per conoscere, lì, tanti imprenditori illuminati da cui trarre ispirazione, fra un sigaro ed una grappa… e portando poi in Sicilia cose nuove.
A metà anni ’80 capì che si poteva crescere e decise di costruire uno stabilimento nuovo. Gli vennero offerti terreni in Lombardia e nel Lazio ma lui voleva creare benessere qui e decise di costruire – letteralmente “in mezzo alla sciara” di Lavinaio – un plesso modernissimo, spostando contro ogni legge dell’economia l’epicentro del settore dell’industria oftalmologica italiana ai piedi dell’Etna, dando vita ad un’impresa futuristica che occupava ed ancora occupa centinaia di persone e che per anni è stata leader di settore. Tante famiglie lo portano quindi nel cuore anche per questo.
Fra i primi in Sicilia, Papà ha adottato politiche di Welfare moderne. La sua azienda era fatta in gran parte di giovani, con una lieve maggioranza di donne, e le neolaureate incinte venivano ad esempio assunte senza indugio e subito mandate in maternità affinché potessero “stare serene”. Al rientro in azienda, loro ed i colleghi trovavano non solo un lavoro stimolante in un’azienda leader ma anche un Asilo Nido, una Scuola per l’Infanzia, un parco, un laghetto, un fitness center. Alcuni dicevano che questi erano solo “sprechi” ed “inutili costi”, mentre lui giustamente li considerava investimenti nel benessere dei suoi collaboratori. Ha sempre scritto la parola “Persone” con la “P” maiuscola, perché le considerava il bene aziendale principale.
Ci ha sempre detto che l’imprenditore non deve lavorare per diventare ricco, ma per far diventare ricca la Comunità a cui appartiene. Per lasciare un segno.
Non era una persona di numeri, era un inguaribile sognatore che non si adattava al contesto, lo creava lui! A chi gli diceva di stare coi piedi per terra rispondeva che preferiva provare a volare.
Ha volato alto, altissimo, sempre curioso di sapere cosa avrebbe trovato dietro il prossimo angolo. Il suo motto era “Guardare avanti, vedere oltre!”. Non lo abbiamo mai visto sfiduciato né scoraggiato, anche quando, nei suoi progetti, ci credeva solo lui.
Circa dieci anni fa, su spinta di noi figli, la nostra famiglia concluse la propria esperienza nel mondo del farmaco, cedendo le proprie quote societarie, per potersi concentrare al massimo sul vino, che rappresenta secondo noi il futuro della Sicilia.
Papà ci disse subito:”Prendete voi le redini dell’azienda vinicola, io ho quasi 70 anni e se vorrete vi darò qualche consiglio, ma sono certo che voi saprete meglio di me leggere il futuro”.
Il resto è storia…
Papà ha vissuto 77 anni in corsia di sorpasso, ha immaginato cose che altri non avrebbero mai immaginato, ha percorso tante strade, molte delle quali giuste. E’ diventato Cavaliere del Lavoro, Accademico dei Georgofili e Commendatore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ma riusciva a passare da un’udienza col Papa alla grigliata contadina in campagna restando sempre sé stesso.
Era etneo, amava il nostro vulcano, la vigna, la nostra azienda vinicola. Per venticinque anni, prima di passarci il testimone, ha portato “l’Etna, Isola nell’Isola” in ogni angolo del mondo, lasciando in tutti un bel ricordo e tante nozioni, convogliando non solo informazioni tecniche ma soprattutto emozioni. Al Vinitaly, poi, era un’attrazione per tutti. In cantina, invece, un severo assaggiatore. E’ lui che ha ideato lo stile elegante dei nostri vini. Il suo palato era incredibilmente fine.
In tanti lo hanno apprezzato e stimato. Oggi non è più fisicamente con noi ma ci lascia una tale eredità etica, e talmente tanti strumenti morali e pratici per affrontare la vita, che è come se fosse ancora qui.
Noi lo onoreremo sempre.”