Consueto appuntamento con i vini vulcanici da tutta Italia, con un convegno e una degustazione per raccontare i primi quindici anni del network Volcanic Wines.
L’idea nasce da lontano, appunto 15 anni fa, e non poteva partire che da un personaggio vulcanico come Aldo Lorenzoni, all’epoca direttore del Consorzio Tutela Vini Soave. All’epoca nessuno aveva ancora pensato ad accumunare vini provenienti da suoli vulcanici, eppure in Italia siamo ricchissimi di territori di origine vulcanica. Con il Soave come capofila, si diede vita ad un format di degustazioni preceduti da convegni con il coinvolgimento di personaggi del mondo scientifico. Al Soave si sono uniti Lessini Durello, Colli Euganei, Gambellara, per quanto riguarda il Veneto, e poi Pitigliano in Toscana, la Tuscia – trasversale tra Lazio e Umbria – poi Campi Flegrei, Vesuvio e saltuariamente Ischia in Campania e poi ancora i Castelli Romani, il Vulture e, ovviamente, l’Etna e le Eolie.
Un po’ di confusione si è creata con i nomi: prima Vulcania, sparito per qualche anno e adesso tornato, poi Vini Vulcanici ora Volcanic Wines, ma in ogni caso «il valore di Volcanic Wines, di cui il Consorzio del Soave è capofila, è dato dalla sua longevità e dalla capacità di rinnovarsi e continuare a crescere» ha detto Lorenzoni. «Dal 2009, quando il format è stato pensato, si sono aggiunti nuovi territori che contribuiscono a portare linfa e ne fanno un format capace di unire tutta l’Italia, da Nord a Sud comprendendo anche isole, sotto il segno immediato e suggestivo del vulcano».
Vini Milo
Ormai da 10 anni una delle tappe principali dell’associazione è a Milo, sull’Etna, dove si svolge la più antica manifestazione siciliana legata al vino. Giunta infatti alla 43° edizione ViniMilo ha dimostrato di sapersi rinnovare, sempre al passo con i tempi. «Per il sistema del vino italiano – sottolinea Alfio Cosentino, sindaco di Milo – grazie al network Volcanic Wines c’è la possibilità di superare le barriere legate ai singoli territori e dare così un’immagine unica di vini che sono spesso poco conosciuti e di vitigni autoctoni, raccontando tante storie di persone e di aziende veramente nuove».
I suoli vulcanici sono ricchissimi di minerali e di microelementi combinati tra loro in maniera sempre differente, quindi pur essendo accomunati dalla geologia sono però diversi tra loro, dando origine a una pletora di vini diversi. Potassio, fosforo, zolfo, calcio, sodio, magnesio, ferro, manganese, rame, zinco arricchiscono i suoli in maniera non uniforme ma i vini che ne derivano mostrano come tratti comuni complessità, salinità e predisposizione alla longevità.
La degustazione svoltasi a ha visto 14 vini (il quindicesimo non è arrivato in tempo), uno per ogni annata di vita del progetto salvo il 2011, ed è stata preceduta dal consueto convegno nel quale il geologo-vulcanologo professor Sandro Conticelli (Università di Firenze, Direttore CNR I.G.A.G., Presidente Società Geologica Italiana) ha dato il contributo più interessante, spiegando l’evoluzione geologica del Mediterraneo, con i tipi di eruzioni (lavica o piroclastica), e ricordando come oggi in Italia abbiamo 58 apparati vulcanici di cui 25 attivi.
La degustazione
Venendo alla degustazione, come sempre succede, alcuni vini mi hanno colpito più di altri. Esordio d’impatto con il primo assaggio “di casa”: l’Etna Bianco Superiore Contrada Volpara 2022 Maugeri, prodotto a 700 metri sul versante est del vulcano, 100% Carricante. Ha profumi floreali di sambuco e fruttati di pesca bianca, in bocca è di buona struttura ma fresco e teso. Altrettanto interessante il Trentino Riesling Renano 2020 Alfio Nicolodi, agli antipodi geografici, proveniente dalla Val di Cembra, in prevalenza dai terreni di natura porfirica. Le note olfattive sono idrocarburiche ma anche floreali ed erbacee, la bocca salina e piccante con finale di pompelmo. Spostandosi di non molti chilometri, in Veneto, sull’antico vulcano di Monte Crocetta, con rocce basaltiche e tufi, troviamo il Gambellara Monte di Mezzo 2019 Tenuta Natalina Grandi, 100% Garganega. Fiori di campo, biancospino, sbuffi iodati quasi idrocarburici. Sorso equilibrato, elegante, agile ed estremamente salino.
Dalla Campania al Veneto
Un salto verso sud e approdiamo su un altro grande vulcano, il Vesuvio. Ecco il Lacryma Chrysti del Vesuvio Lacrimabianco 2017 Cantina Olivella, 80% Caprettone e 20% Catalanesca. Dorato, intenso, ampio, con toni fruttati di melone d’inverno e floreali di ginestra. In bocca è pieno e rotondo, salino e tonico. Un altro salto d’annata per trovare il Maremma Toscana Ciliegiolo San Lorenzo 2015 Sassotondo, uno dei vini più buoni della degustazione, che nasce sulle propaggini del bacino vulcanico di Bolsena, verso Pitigliano, sul tufo. Naso austero ed elegante con profumi di ciliegia, viola, macchia mediterranea. Sorso fruttato e goloso, ancora giovanile, di trama tannica fine e lungo finale di ciliegia e grafite. Torniamo in Veneto per lo spumante Lessini Durello Metodo Classico 2014 Fongaro, dall’antica varietà Durella coltivata in alta collina in vigne di 70-80 anni. Uno spumante dorato, con le caratteristiche note fumé, di frutta esotica, spunti di pasticceria fresca e una lievissima punta di miele. Bocca davvero invitante, dalla bolla fine e cremosa, sorso fresco e di discreto corpo.
Da un rosso ai bianchi
Bellissima sorpresa il Boca 2013 Barbaglia, da Nebbiolo, Vespolina e Uva Rara in Val Sesia, allo sbocco della vecchia valle glaciale, morenica, sul fondo porfirico di rocce piroclastiche. Perfetta la tenuta di questo rosso piemontese, dai profumi di sottobosco, pot pourri, ma anche note fruttate. Bocca fresca, potente e saporita, dai tannini domati e un piacevolissimo ritorno di amarena ed erbe alpine. Chiudiamo con due bianchi, il Grechetto di Civitella di Agliano 2012 Sergio Mottura e il Soave Classico Froscà 2009 Gini. Il primo dalla Tuscia laziale, vulcani quiescenti, 100% Grechetto. Naso fresco e intrigante con note di macchia mediterranea, asparago selvatico, cenni tartufati che lo rendono complesso. Bocca fresca e salina, di struttura e rotondità. Il secondo un 100% Garganega da suoli vulcanici di tufo nero. Profumi di pietra focaia, crema pasticcera, nocciole e sapore fresco, salino teso ed equilibrato. Due bianchi che hanno mostrato una notevole longevità.
Il vino che ha chiuso la degustazione era anch’esso un 2009, un omaggio a Franco Zanovello scomparso nel 2019: Colli Euganei Fiore d’Arancio Passito 2009 Ca’ Lustra. Ambrato pieno al colore, ancora molto floreale al naso, con note di zagara, arancia candita e prugne disidratate. Bocca dolce, mielata ma fresca, con un lungo finale di caramello salato.
I vini degustati
Per dovere di cronaca, questi erano i vini proposti (come detto, per un disguido è saltato l’anno 2011), ogni vino è stato preceduto dal racconto del suo territorio e del produttore da un rappresentante locale o aziendale:
- Maugeri, Etna Bianco Superiore Contrada Volpara 2022
- Eolia, Salina Malvasia Bianco V 2021
- Alfio Nicolodi, Trentino Riesling Renano 2020
- Tenuta Natalina Grandi, Gambellara Monte di Mezzo 2019
- Terre di Nuna, Etna Bianco di Nuna 2018
- Cantina Olivella, Lacryma Christi del Vesuvio Bianco 2017
- Girolamo Russo, Etna Rosso San Lorenzo 2016
- Sassotondo, Maremma Toscana Ciliegiolo San Lorenzo 2015
- Fongaro, Lessini Durello Metodo Classico 2014
- Barbaglia, Boca 2013
- Sergio Mottura, Civitella d’Agliano Grechetto Poggio della Costa 2012
- Murgo, Extra Brut Metodo Classico 2010
- Gini, Soave Classico Froscà 2009
- Ca’ Lustra Zanovello, Colli Euganei Fior d’Arancio Passito 2009