DegustazioniLa verticale

Verticale completa di San Leonardo (2)

Abbiamo visto ieri le prime 10 annate di San Leonardo, il bordolese trentino di gran classe e finezza. Vediamo oggi le seconde dieci, dal 1995 al 2006 (la 1998 e la 2002 non sono state prodotte).

Dopo le prime 10 annate, con una produzione ormai arrivata intorno alle 50mila bottiglie, possiamo dire che il San Leonardo è diventato un giovanotto consapevole di sé, che – dalla vendemmia 1996 – abbandona lo status di Vino da tavola e acquisisce una denominazione: Vigneti delle Dolomiti Igt. Un percorso comune a moltissimi vini di qualità italiani che avevano trovato la loro fisionomia produttiva inizialmente sperimentale all’esterno dei disciplinari di produzioni delle Doc e che non avevano ancora una collocazione legislativa, fino alla nascita delle Indicazioni geografiche tipiche.

I marchesi Carlo e Anselmo Guerrieri Gonzaga
I marchesi Carlo e Anselmo Guerrieri Gonzaga

La consapevolezza in vigna

Nel frattempo nel vigneto si inizia ad abbandonare la pergola trentina a favore del cordone speronato e del Guyot, ma solo per il Cabernet sauvignon e per il Merlot, dal momento che l’esperienza dimostra che il Carmenère ha bisogno di vegetazione per esprimere eleganza. Le percentuali dei vitigni nel blend rimangono sostanzialmente invariate, con una quota superiore di Carmenère nelle annate calde e di Merlot in quelle fredde.

Nel 1998 viene comprata la vendemmiatrice che facilita il miglioramento della maturazione fenolica, in quanto la velocità di raccolta permette di non anticipare la vendemmia per paura di eventuali condizioni atmosferiche avverse, ma consente di rischiare di più.

Il passaggio di mano da Giacomo Tachis a Carlo Ferrini, consolidato nel 2001, non cambia lo stile del vino: “Il San Leonardo è sempre lui, al di là di tutto – dice il marchese Carlo Guerrieri Gonzaga – e le differenze sono sempre attribuibili ai diversi andamenti vendemmiali”.

Entra in azienda il giovane Anselmo Guerrieri Gonzaga

Il 2001 segna anche l’ingresso in azienda di Anselmo, figlio di Carlo, dapprima in ambito commerciale, poi sempre più calato nella produzione e nella gestione aziendale a tutto tondo. Non un ancora passaggio di testimone (il marchese Carlo continua ad avere l’ultima parola sul San Leonardo) ma una responsabilità condivisa, come condiviso è l’amore per questa terra trentina e per i suoi frutti.

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