Non tutti sanno che il vino in lattina è nato in Italia negli anni ‘80. Dopo un exploit e un rapidissimo successo, il fenomeno ha visto vincere i suoi detrattori ed è andato in stand by fino a pochi anni fa. Ma nel mondo cresce.
La catena di supermercati inglese Waitrose (ben posizionata tra la borghesia medio-alta) non è nuova ai vini in lattina, tutti in formato da 250 ml. Ora è la volta del formato più piccolo che va a sostituire le bottigliette monodose di vino, quelle da 187 ml, sostenendo che in questo modo il consumo è più comodo per gli acquirenti, ma non nega che questa soluzione permetterà di risparmiare la movimentazione di 320 tonnellate di packaging ogni anno, il che non è poco.
Le new entry sono due vini italiani, un Pecorino e un Pinot Grigio, e la linea si chiama “When in Rome”. Per noi italiani la domanda sorge spontanea: cosa c’entra Roma con il Pecorino, che è un vino marchigiano o abruzzese? O con il Pinot Grigio, che è tipico del Nord-Est? Nel primo caso dobbiamo pensare che gli esperti della catena abbiano deciso di sfruttare il binomio “pecorino romano”, che suona anche alle orecchie di uno straniero, soprassedendo sul fatto che si tratti di un formaggio, ma nel secondo caso dobbiamo pensare che prevalga lo stile di pensiero e di degustazione anglosassone che privilegia i vitigni sopra i territori, quindi se il Pinot Grigio è il vitigno bianco italiano più famoso questo è sufficiente ad accostargli Roma, che è la capitale ed è un brand di assoluta notorietà. Una banale operazione di marketing, insomma, e poco importa se la verità geografica è lungi da quella raccontata. Molto più importante strizzare l’occhio a un altro trend in crescita: entrambi i vini sono vegan friendly, quindi un passo in più rispetto ad alcuni altri vini in lattina della catena, che sono organic, cioè bio.
Si fa presto a capire il perché. I maggiori consumatori del vino in lattina sono i tardi Millennials e la Gen Z, cioè i ragazzi dai trent’anni in giù. E sono anche coloro che sono maggiormente interessanti all’ambiente e alla natura, il che include il rispetto per gli animali e quindi la scelta vegan. Ma c’è di più. La lattina è vista come una scelta ecologica, in quanto riciclabile al 100% e dall’impatto ambientale inferiore rispetto a quello del vetro, in quanto produce meno CO2 per la maggior facilità di trasporto. Ha inoltre dalla sua la comodità di aprirsi senza attrezzi e di potersi consumare con facilità in luoghi come parchi, spiagge, barche e stadi. Per tacere del prezzo, mediamente 2 euro a lattina, una spesa affrontabile in pratica da chiunque.
Il mercato è ancora piccolo ma in crescita, secondo le stime, di circa il 10,4% annuo ed entro il 2028 raggiungerà, a livello mondiale, un volume d’affari pari a 570 milioni di dollari all’anno, con un netto miglioramento della qualità dei vini proposti.
Per ora, noi italiani siamo molto restii a questo tipo di confezionamento eppure secondo molti è un’ottima alternativa alla birra o alle bevande gasate; in effetti la tipologia frizzante rappresenta il 60% del volume commercializzato a livello mondiale rispetto ai vini fermi.
È possibile che l’8 e ½ Giacobazzi, lanciato oltre 40 anni fa, rappresentasse il futuro?