Un folto gruppo di giovani guida il nuovo corso dei vini a denominazione Falerno del Massico, sia bianchi che rossi. Siamo in provincia di Caserta e qui, secondo gli antichi romani, si produceva il vino più ricercato dell’impero. Ce ne parla Antonella Amodio.
Il futuro del vino è nelle mani dei giovani che scelgono sempre di più la viticoltura, l’agricoltura e l’artigianato, in alcuni casi iniziando da zero e in molti altri casi come eredità lasciata dai nonni o dai padri. Laurea, master, corsi specializzati sono le caratteristiche dei curriculum di ragazzi che oggi sono con trattori e zappe tra i vigneti, fotografati tra botti intenti a travasare vino. Immagini che lasciano sperare che ci sia interesse per quel mondo “contadino” che i millennial sembravano aver abbandonato. Un ritorno alla terra che coinvolge tanti luoghi, tra cui Ager Falernus, il territorio della provincia di Caserta amato dall’antica Roma, individuato come l’area elettiva per il vino degli Imperatori, il più costoso dell’antichità: il Falerno.
Siamo tra il sito Unesco della Reggia di Caserta e la foce del Garigliano, nella parte settentrionale della Campania, tra l’entroterra e il mare, in un’area dalla forma triangolare, identificata come orto fertile dell’antica città di Sinuessa datata 296 a.C.. Tito Livio, in età repubblicana, lo circoscrive tra il corso del fiume Savone – che ha origine da sorgenti della caldera del vulcano Roccamonfina – e il vertice del Monte Massico, classificando i vini per l’altimetria di produzione delle uve, in Caucinum, Faustianum e Falernum e venduto in tutte le provincie dell’Impero Romano in anfore di terracotta contrassegnate dai pittacium, ossia etichette nelle quali si specificava il tipo di vino, l’anno di produzione e la zona di provenienza delle uve.
I territori e le cantine del Falerno del Massico
I comuni per la produzione del Falerno del Massico Doc sono: Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico e Carinola. Circa 220 ettari vitati iscritti all’albo per la più antica denominazione del vino al mondo, dove si coltivano uve di Falanghina, Piedirosso, Primitivo e Aglianico, per le tipologie di bianco, rosso (con specificazione del vitigno Primitivo) e rosso riserva. È di queste settimane la delibera dei produttori del Consorzio Vitica per il nuovo disciplinare del Falerno del Massico Docg.
Negli anni ’50 Moio a Mondragone e negli anni ’70 Villa Matilde Avallone a Cellole fanno da apripista ad altri produttori di Falerno del Massico, fino ad arrivare ad oggi, con 24 cantine disseminate nella terra fertile del leggendario Falernum, tra storia, tradizioni e ricerche. Una rinascita avvenuta nell’ultimo decennio ad opera di giovani leve. Basta fare un giro tra le cantine storiche e incontrare le nuove generazioni all’accoglienza o in veste di enologi, per constatare la nascita di nuove realtà vitivinicole tutte a conduzione di giovani che hanno scelto di continuare a proiettare il vino Falerno nella storia e nel futuro.

Cantina Papa, Masseria Felicia, Bianchini Rossetti, Collefasano, Cantina Zannini, Fattoria Pagano, Volpara, Regina Viarum, Torelle, Nugnes, Cantina Zannini, Collefasano, Campierti, Luigi Verrengia, Tenute Bianchino, Cantina Trabucco, Migliozzi, La Masseria Di Sessa, Torelle, Vitis Aurunca, Cantina Pecoraro, Cantina Santoro, Nugnes, Fontaniello, Cantina Vezzoso, Poderi Trabucco Aurilio e Falernus sono tutte le cantine che producono il Falerno del Massico (si aggiungeranno a breve altre aziende che per adesso non sono ancora in produzione in quanto i vigneti sono ancora giovani). Nel 70% dei casi di questo elenco, alla guida ci sono nuove generazioni e giovani proprietari che non superano i 30 anni.
Nelle schede sottostanti gli ultimi assaggi.