In Trentino, nella Valle dei Laghi, da una manciata di produttori, ha origine un vino straordinario. Figlio di un’uva e figlio del vento, il Vino Santo Trentino trasuda tradizione, tecnica e territorio.
Non esitiamo a dichiararlo: non esisterebbe Vino Santo senza tutti gli elementi che lo compongono, è terroir al 100%. Ma quali sono questi elementi? Vediamoli insieme.
1. Nosiola, vitigno bianco autoctono costituisce la vera anima bianca trentina
Potremmo dire che assieme alla Schiava erano le sovrane indiscusse del territorio fino a 40-50 anni fa. Oggi entrambe rischiano l’estinzione, di Nosiola si vantano circa 60 ettari, di cui 40 in Valle dei Laghi. A maturazione tardiva, dalla buccia spessa e impermeabile è estremamente versatile. Un vitigno antico ma dai risvolti moderni. Ama farsi cullare dal vento e può essere vinificata fresca, specialmente se si tratta di uva da vigne mediamente giovani, donando vini fragranti e verticali. Non particolarmente corposi, scattanti nel calice, in grado di farsi apprezzare fin da pochi mesi dalla vendemmia. Quando parliamo invece di Nosiola da vigne oltre i quindici anni, allora il gioco si fa interessante. Bacche complesse, produzione contenuta, arrivano a maturazione ottimale per essere poi vendemmiate e messe a appassire in fruttaio. Saranno queste le uve (per disciplinare minimo per l’85%) che permetteranno di realizzare il Vino Santo Trentino.
2. Clima e territorio
Il vento, amo questo vento, l’ho “studiato” sulla mia pelle tutte le volte che ho potuto. A dire il vero dovremmo parlare di una combinazione di venti ma quello che sicuramente domina su tutti è l’Ora del Garda. Inizia a spirare nel pomeriggio e lo si avverte inesorabile tutti i giorni fare il suo lavoro. Si origina a sud del lago di Garda e si incanala naturalmente nella forma del lago stesso. Stretto e con alte pareti ai lati, questa è la forma che assume il Garda a nord, nella provincia trentina. Un sistema perfetto che non solo direziona il vento ma gli permette di prendere velocità. Meta ambita per sportivi amanti della vela di tutto il mondo, per i vignaioli trentini il Garda è fonte dell’Ora, il vento che mitiga, garantisce salubrità delle uve nei vigneti d’estate e garantisce l’appassimento delle uve in fruttaio durante autunno e inverno.
La Valle dei Laghi è un territorio ricco in acqua e in luce. I suoli sono costituiti da dolomia, roccia bianca ricca in minerali che affiora talvolta dalla poca sostanza organica del sottosuolo. Il candore della roccia e gli svariati specchi d’acqua presenti riflettono la luce del sole rendendo la Valle dei Laghi un luogo di montagna ma anche di luce. La Valle dei Laghi è un territorio luminoso e animato dal vento. La Nosiola in particolare modo ama le marne calcaree in prossimità del lago di Toblino, i vigneti si concentrano infatti tutti lì. I suoli magri contribuiscono anche a regolarne naturalmente la vigoria favorendo per giunta la formazione di grappoli spargoli.
3. La tecnica e l’uomo
Negli anni la tecnica si è affinata e ancora oggi viene portata avanti come un tempo. Sto parlando dell’appassimento in fruttaio, in cassettine e plateau. Le uve vendemmiate a mano vengono lasciare appassire fino alla settimana Santa per essere spremute in piazza in un evento aperto al pubblico carico di folclore e storicità. La natura della Nosiola stessa e la natura del microclima ventilato della Valle dei Laghi creano le condizioni perfette al lungo e lento appassimento. Nel corso dei mesi le bacche possono anche essere attaccate in maniera più o meno intensa e uniforme dalla muffa nobile, nella sua forma infavata. Questo evento conferisce ulteriore profondità e complessità agli aromi della Nosiola che puntualmente vengono trasferiti al vino. Vedere le bacche cambiare colore nel corso dell’appassimento è emozionante e preannuncia grandi soddisfazioni anche in cantina.
Il Vino Santo Trentino è a tutti gli effetti patrimonio storico e culturale che associazioni come quella dei Vignaioli del Vino Santo Trentino portano avanti e difendono anno dopo anno. Anche quando il mercato non gli vuole dare spazio o ragione, del resto i vini dolci si sa vivono un periodo difficile. Al Vino Santo forse una vera e propria collocazione in tavola o “l’occasione speciale” non servono nemmeno, si può consumare anche da solo grazie alla sua innata dote di non farci mancare nulla una volta che l’abbiamo nel calice. Dati 2022 sulla viticoltura trentina attestano il 70% della produzione di uva trentina a Chardonnay, Pinot Grigio e Müller Thurgau. La Nosiola pesa in tutta la regione meno del 6%. Il Vino Santo arriva a circa 15.000 bottiglie all’anno.
Longevità liquida e prezioso nettare frutto di fatica e di abilità alchemiche. Mi raccomando, Vino Santo… con la “o”. Nulla a che vedere con il Vin Santo, prodotto altrettanto lodevole ma figlio di un’altra tecnica, al punto da essere imparagonabile. Il Vino Santo si ottiene da mosto di uve appassite, la fermentazione è indotta (elevate concentrazioni zuccherine e presenza di botrite non agevolano certo la fermentazione alcolica). Fermentazione che poi si ferma mantenendo un naturale contenuto di zuccheri residui nel vino stesso. A questo punto parte la fase di maturazione, che può essere fatta in legno e durare più o meno tempo.
Dagli assaggi che ho potuto fare negli anni ho individuato due stili principali di Vino Santo. Uno stile più improntato su caratteri ossidativi, dal colore ambrato e dagli aromi che ricordano più la frutta secca e la frutta essiccata. Risulta immediato e accattivante dalle prime fasi della sua vita, per questo spesso immesso sul mercato tra i primi. E poi uno stile più teso, che si concede più lentamente nel tempo. Il colore è dorato, le verticalità innata, gli aromi agrumati. Difficile che esca prima di dieci anni dalla vendemmia, ma il risultato vale l’attesa. In entrambi i casi la longevità è stupefacente, recentemente ha superato senza fatica la prova dei 40 anni… ma in passato ho fatto assaggi anche di vini degli anni ’60, e lo stupore è ancora vivo nei miei ricordi.
In occasione di DiVin Nosiola, ho partecipato a una degustazione di Nosiola fresca e Vino Santo Trentino dall’annata 2022, con la Nosiola di Giovanni Poli. Alla Nosiola 2022 di Maxentia, che la vinifica in rosso per il 50%. Per poi passare ai Vini Santi: 2008 di Pravis, dallo stile denso e ossidativo; 2003 di Gino Pedrotti, vino che ho assaggiato anche in passate occasioni e che non finisce di regalarmi nuove emozioni. La 1998 di Francesco Poli, azienda di cui segnalo anche la 2006, oggi in vendita, annata straordinaria in cui la muffa nobile ha fatto uno splendido lavoro. Per finire con la 1983 di Pisoni, che non è più un vino… è poesia liquida che si fa strada tra note balsamiche di erbe di montagna.
Amo la Nosiola e amo la Valle dei Laghi, e continuerò a bere Vino Santo senza aspettare la famosa occasione speciale che non arriva mai. Vi invito a fare altrettanto, vedrete che l’occasione finisce per essere il vino stesso.