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I tifosi e le guide dei vini

I tifosi e le guide dei vini

Le polemiche sulle guide dei vini nascono spesso da un tifo territoriale che condiziona i giudizi. Ma i premi non sono una questione di campanilismo: contano la qualità diffusa, il riconoscimento della critica e il tempo necessario perché una zona si affermi davvero. Ne parla Daniele Cernilli.

Se andrete a leggere i commenti sui premi assegnati dalle varie guide dei vini, sulle presenze o mancanze di regioni e zone specifiche, vedrete che la tifoseria è ancora piuttosto presente nella mentalità di molte persone. Dipende dalla loro provenienza. Chi è campano ritiene che la presenza dei vini della sua regione sia minore di quanto meritasse, e così vale per tutti, friulani, veneti, laziali, siciliani ecc. 

Il rapporto fra qualità diffusa e numero di premi viene interpretato in modo diverso a seconda della provenienza di vini e persone. Ognuno “tira acqua” al suo mulino, magari solo per legami affettivi col territorio, comprensibili, ma non sufficienti. 

I valori consolidati della critica enologica

Esistono, e da decenni, dei valori consolidati, per i quali Langa o Montalcino hanno più peso di altre zone. Basta leggere la critica internazionale, quanto è stato fatto e scritto dalle pubblicazioni italiane dagli anni Ottanta a oggi. Non è un fatto di sottovalutazione o di malanimo, ma essenzialmente di conoscenza e di pareri condivisi. 

Scoprire nuove zone, ma con criteri chiari 

Poi, ovviamente, scoprire nuovi produttori e nuove regioni vitivinicole potenzialmente interessanti è fondamentale. Ma ci devono essere delle ragioni, un valore organolettico adeguato nei vini, una qualità sufficientemente diffusa. Di piccole aziende formidabili ce ne sono state e ce ne sono molte anche in aree non così note. Ma sono poche e molto spesso si tratta di casi quasi unici. Non bastano a “nobilitare” una zona, anche se potrebbero rappresentare delle realtà pionieristiche e validissime. 

Da territori emergenti a realtà affermate 

Ricordo quando sul Gambero Rosso di oltre vent’anni fa chiesi in una riunione di redazione ad alcuni collaboratori di fare un servizio sulla Valle Isarco e sull’Etna, allora semisconosciute dal punto di vista vitivinicolo. Ora sono realtà consolidate. Ma ci sono voluti decenni. 

Langhe e Montalcino, e Bolgheri, e Friuli, c’erano già da molto tempo. Poi sono arrivate anche loro. E ne arriveranno altre, ma per meriti dei produttori, per una maturità anche di carattere commerciale, per un livello qualitativo che sia riconoscibile e riconosciuto soprattutto al di là delle zone di produzione. 

Una rondine non fa primavera, insomma.

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