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San Leonardo 2020: il Vino Rosso dell’Anno

Abbiamo eletto San Leonardo 2020, il celebre taglio bordolese della Tenuta San Leonardo, Vino Rosso dell’Anno, un riconoscimento che premia non solo la qualità intrinseca del vino, ma la sua capacità di evocare territorio, equilibrio e longevità.

La Tenuta San Leonardo, di proprietà dei Marchesi Guerrieri Gonzaga, ubicata in Trentino, da sempre coltiva le uve cosiddette internazionali seguendo i dettami della viticoltura più rispettosa del terroir.

Il Vigneti delle Dolomiti San Leonardo è un assemblaggio classico bordolese, con predominanza di Cabernet Sauvignon, affiancato da Carmenère e Merlot, provenienti da vigne che si trovano all’interno delle antiche mura del monastero. Ne nasce un vino di indubbia finezza ed eleganza, estremamente affidabile anno dopo anno, dalla prima annata nel 1982 ad oggi.

La premiazione a Milano con il marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga, il direttore della tenuta Luigino Tinelli e il responsabile di produzione Antonio Benvenuti.

È prodotto con fermentazione spontanea in piccole vasche di cemento, macerazione prolungata (12-15 giorni), rimontaggi frequenti e attenzioni artigianali nel controllo della temperatura e dell’ossigeno. Matura almeno 24 mesi in barrique e tonneau di rovere francese a tostatura media (diversi passaggi: primo, secondo e terzo uso), seguiti da un periodo di altri 24 mesi in bottiglia prima della messa in commercio. In un’epoca in cui l’alcol è nel mirino dei salutisti, sottolineiamo che il grado alcolico è molto contenuto, intorno a 12,5% vol…

L’annata 2020 è stata caratterizzata da un’estate con giornate soleggiate bilanciate da precipitazioni regolari, condizioni ideali che hanno permesso alle uve una maturazione armoniosa.

Soddisfazioni da parte di San Leonardo nelle parole del Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga: “La 2020 è destinata a rimanere negli annali della Tenuta come una delle espressioni più delicate e affascinanti. Questa annata sottolinea l’essenza della filosofia di San Leonardo: un vino che incarna raffinatezza e longevità, in grado di emozionare oggi e sorprendere negli anni a venire con la sua grande capacità evolutiva”.

Un grande vino che emoziona già oggi, da custodire per domani.

Vigneti delle Dolomiti San Leonardo 2020 San LeonardoVigneti delle Dolomiti San Leonardo 2020 Tenuta San Leonardo

Faccino DoctorWineFaccino DoctorWineFaccino DoctorWinePunteggio: 99/100
Prezzo medio in enoteca: € 90,00

60% Cabernet Sauvignon, 30% Carmenère, 10% Merlot. Due anni in barrique. Profondo, quasi impenetrabile nel suo rosso vitale, colore armonico di grande spessore. Fragranze speziate, piccoli frutti estivi, e il respiro di un rigoglioso querceto autunnale. Il sorso è ancora più incantevole di altri memorabili millesimi: tannini levigati, in sintonia con la perfetta acidità, per una persistenza che ha dell’inesauribile. È la subitanea magia di un vino che stimola avvolgenti passioni. (N.P.)

Tenuta San Leonardo,  Borghetto a/Adige (Trento)

A questo vino abbiamo dedicato una verticale completa, divisa in tre puntate. Trovate quindi tutta la storia, anche organolettica, di questo capolavoro dell’enologia italiana agli articoli elencati qui sotto.

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1 commento

Iljaz Mehmeti 17 Novembre 2025 at 18:23

C’è una confusione crescente attorno al vino, alimentata da un linguaggio che si compiace di complicare l’ovvio e di confondere i piani. Da una parte c’è la terra: il frutto, la vite, la storia geologica, il clima, la lotta silenziosa per l’acqua, l’equilibrio tra luce e radici. Dall’altra parte c’è la tecnologia: l’enologia, le attrezzature, il controllo, l’intervento sull’esito finale.

Il problema nasce quando questi due mondi – distinti e complementari – vengono impastati fino a far credere che il vino sia soprattutto un’opera d’ingegno umano, una sorta di “prodotto creativo”, un esercizio di stile che può prescindere dalla terra che lo genera. Ed è qui che si inceppa la narrazione contemporanea: la tecnologia diventa protagonista, mentre la vite arretra sullo sfondo come se fosse un pretesto, non l’origine.

Ma il vino non nasce dalla bravura dell’enologo. Nasce dalla brutale semplicità della vite: dalle radici che scavano, dalle foglie che respirano, dai suoli che non mentono. Nasce dalla geologia, dalla fatica e dal luogo. L’enologia può correggere, può proteggere, può interpretare – ma non può creare ciò che la terra non ha messo.

Quando un articolo confonde questi livelli, il risultato è sempre lo stesso: un vino presentato come un’opera dell’uomo, e una terra ridotta allo status di scenario. E così si produce l’ennesimo paradosso della comunicazione del vino: si parla di “territorio” senza conoscere la vita reale del suolo; si parla di “finezza” senza capire cosa accade in vigna; si parla di “stile” come se bastasse un gesto tecnico in cantina per plasmare identità.

Il vino non è un’invenzione. È una conseguenza.
Una conseguenza di come vive la pianta, di come respira un suolo, di quanto il produttore è disposto a togliere anziché aggiungere.
È un prodotto della terra prima, e solo poi un prodotto dell’uomo.

Ed è proprio qui che molti articoli, troppe volte, falliscono: nel confondere il mezzo con il principio, la mano con la radice, la tecnologia con la materia viva.

Il vino non ha bisogno di essere romanzato né tecnicizzato all’estremo. Ha bisogno di essere restituito al suo luogo. Tutto il resto è rumore.

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