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L’Uva Greca Puntinata e la GRASPO

Alvio Fusi uva greca puntinata

Ulteriore “salvataggio” di un’uva autoctona, questa volta laziale, da parte dei tecnici di GRASPO, che la stanno studiando da anni: è l’Uva Greca Puntinata, che non ha nulla in comune con l’uva Greco, ma è una varietà a sé che correva il rischio di scomparire.

Questa è una storia a più voci, dove si intrecciano un destino comune a tante zone vitivinicole italiane e la pervicace determinazione di un gruppo di importanti professionisti dell’enologia che, una volta andati in pensione, decidono di dedicarsi al recupero, allo studio e alla valorizzazione dei vitigni rari o abbandonati, soprattutto in territori dal patrimonio genetico vitivinicolo poco esplorato. In poche parole, mia ironica definizione, quei ragazzacci di GRASPO.

Presentazione graspo recupero uva greca puntinataAdesso vi racconto: la scorsa primavera l’amico e collega Carlo Zucchetti mi telefona per invitarmi presso S’Osteria 38, regno della bravissima Elisa Calanca, ad Acquapendente (VT), per una giornata di studio dedicata all’Uva Greca Puntinata: un’uva locale quasi scomparsa che una volta era di grande successo. Avrei potuto rifiutare l’invito?

La sala è gremita, qualche collega, alcuni produttori di vino, qualche tecnico regionale e due fra i fondatori di “Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità viticola”, appunto GRASPO, del quale, prima di quel momento ignoravo anche l’esistenza. Erano Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi. Due importanti enologi in pensione che stanno curando la ri-scoperta della locale Uva Greca Puntinata. Uva che fino al secondo dopoguerra, chiamata soltanto come Greco, era coltivata e dava vita, con altre, ad un vino bianco locale la cui fortuna era innegabile, inondando il mercato romano ma anche in parte del nord Italia. Poi, la comune storia del successo dei vitigni internazionali e del sistema cooperativo, fanno sì che quest’uva in pochi anni praticamente scompare, fin quasi a rischiare l’estinzione.

I vitigni autoctoni rispondono meglio al cambiamento climatico?

Adesso che il riscaldamento climatico impazza e crea enormi problemi alla viticoltura, una carsica corrente di pensiero si sta facendo strada: non è che i nostri vitigni autoctoni possono essere la risposta colturale a questi problemi? Non potrebbero quindi rispondere meglio a questi repentini cambiamenti? 

Alvio Fusi e uva greca puntinata
Alvio Fusi nel vigneto di Uva Greca Puntinata

Quei ragazzacci di GRASPO, e non solo loro, pensano che sì, potrebbero quantomeno aiutare. Allora si mettono alla ricerca dei vitigni autoctoni dimenticati, a rischio estinzione, ne individuano i rari viticoltori che ancora ne possiedono qualche pianta e li coinvolgono nel progetto come Custodi. 

Ad Acquapendente il Custode era Alvio Fusi, recentemente deceduto, ma adesso prosegue sicuro suo figlio Andrea. Le poche viti che Alvio custodiva sono state individuate da Massimo Bedini, già Direttore della Riserva Naturale del Monte Rufeno, dove quel vigneto era piantato. Alvio ha così permesso a GRASPO di potare, curare e vinificare le sue pochissime viti di Uva Greca Puntinata, di studiarne il DNA, tanto da permetterne l’inserimento nel registro regionale laziale dell’ARSIAL. Registro nato per salvaguardare le risorse genetiche autoctone di interesse agrario e che, fino ad ora, vede registrate altri 44 vitigni da vino, con ulteriori 10 in via di registrazione. Capite di che capitale genetico, di quale ricchezza colturale parliamo?

L’Uva Greca Puntinata non ha parentela col vitigno Greco

Mi corre l’obbligo precisare che l’Uva Greca Puntinata non ha alcun punto in comune con la comune uva Greco, nemmeno dal punto di vista genetico. Solo che i contadini di allora la chiamavano così ed ora, per non perderne la memoria si è aggiunto il caratterizzante aggettivo Puntinata, visto che il suo acino è dotato di un evidente ombelico scuro.

Luciano Lombardi Vognadelmar e Aldo Lorenzoni Graspo
Luciano Lombardi Vignadelmar e Aldo Lorenzoni di GRASPO

A breve, auspicabilmente entro qualche mese, l’esistenza di quest’uva dovrebbe essere nazionalmente ufficializzata, inserendola nell’apposito Registro Nazionale, permettendone così la diffusione, la coltivazione e l’utilizzo. Come dicono quelli di GRASPO: Vitigni del passato per i vini del futuro.

Vi terrò aggiornati sugli sviluppi successivi e continuerò a seguire il lavoro di GRASPO. Perché di questi vitigni scomparsi fra nord e sud Italia ne hanno già salvati più di un centinaio (come abbiamo già scritto in passato, qui e qui, n.r.d.), ci hanno scritto un bellissimo libro che ha vinto un prestigioso premio internazionale, ne hanno ricavato anche dei vini, dei quali ne ho assaggiati una dozzina. Che dite, queste anticipazioni solleticano il vostro interesse?

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