A sette anni dalla sua morte, si sta spegnendo il ricordo del grande Gualtiero Marchesi e molti giovani neanche sanno chi fosse e cosa abbia fatto per la cucina italiana.
È vero, non si tratta dei Beatles come nella canzone degli Stadio scritta da Roberto Roversi con la musica di Gaetano Curreri. Però nel caso di Gualtiero Marchesi alle giovani generazioni di cuochi consiglierei di farla quella domanda. Ultimamente sul web sono apparsi dei filmati nei quali lo chef Marchesi cucinava dei piatti. Filmati di vent’anni fa almeno, e ricordo che lui è mancato il 26 dicembre del 2017, sette anni fa, quindi.
Apriti cielo.
Gli haters si sono scatenati, criticando in modo durissimo e talvolta volgare. Cuochetti da quattro soldi che ne correggevano le ricette, insultandolo per la foglia d’oro sul risotto, per i quantitativi di burro, per delle tecniche di cucina a loro detta improprie.
Chi era Gualtiero Marchesi?
Allora forse è il caso di dirlo chi era Marchesi e di fare un minimo di chiarezza. La prima notizia da dare è che nel suo mitico ristorante milanese di via Bonvesin della Riva, nel 1985 conquistò per la prima volta in Italia le “tre stelle” della guida Michelin.
Poi che alcuni suoi piatti, come il raviolo aperto, una seppia nel suo nero, il soufflé di panettone, sono divenute delle icone dell’alta cucina mondiale. Senza contare le rivisitazioni di alcuni classici della cucina italiana, il risotto con lo zafferano con sfoglia d’oro zecchino, la sua cotoletta alla milanese, persino la pasta alla carbonara. Ancora, il dripping di pesce dedicato a Jackson Pollock, un piatto incredibile che lo ha avvicinato come nessun altro a un’intenzione artistica, oltre che gastronomica.
Perché Marchesi era un uomo colto, un intellettuale prestato alla cucina, proprio come lo furono Veronelli e Soldati per la letteratura enogastronomica e Brera, Mura ed Emanuela Audisio per quella sportiva.
E per ricordarlo come si deve, prendo in prestito quello che scrisse sul Papero Giallo Stefano Bonilli per commentare il suo settantanovesimo compleanno che fu festeggiato al Teatro alla Scala. Così si capisce meglio chi era Marchesi. E su chi lo insulta che cada un gelido silenzio.
(Nella foto di apertura: Gualtiero Marchesi a destra, al centro Ermenegildo Muzzulini, allora chef della Pergola del Cavalieri Hilton, e a sinistra Michel Guerard, uno dei padri della nouvelle cuisine).
Compleanno dell’amico Gualtiero, di Stefano Bonilli
Papero Giallo – Marzo 2009
Il 19 marzo Gualtiero Marchesi compie 79 anni.
È stato il cuoco che ha cambiato lo stato delle cose nella cucina italiana.
Era il 1977 e apriva le porte in via Bonvesin de la Riva, traversa di Corso XXII Marzo, a Milano, il ristorante Gualtiero Marchesi, e da quel momento tanto la figura del cuoco che la cucina sono cambiate.
Primo ristorante italiano ad avere le tre stelle Michelin, nel 1985, primo cuoco italiano ad avere una fama internazionale, Marchesi cambia, come dicevamo, dalle fondamenta la figura del cuoco, fino a quel momento più una caricatura che una vera immagine.
Uomo colto, amante della musica, con una moglie concertista e un gran numero di artisti come amici, Marchesi porta in Italia la Nouvelle Cuisine ma ben presto sa adattarla ai gusti italiani.
Però la sua attività non è facile perché la grande borghesia milanese, che alla Trattoria del Mercato, il locale di famiglia, affollava i tavoli, nella sua nuova esperienza in Bonvesin lo molla.
Tra alterne vicende e lasciando nel frattempo una profonda traccia con la sua nuova cucina, ne sono esempio il Raviolo aperto e il Riso e oro, due piatti simbolo di quel periodo, nell’immaginario e nei palati del pubblico, Marchesi attraversa tutti gli anni Ottanta a Milano tra alterne vicende aziendali poi, nel 1993, chiude l’esperienza cittadina e si trasferisce a Erbusco, all’Albereta, dove il ristorante Gualtiero Marchesi è ancora aperto.
Amato e detestato, con un caratteraccio niente male, Marchesi è ancora oggi un simbolo della cucina intelligente e di qualità.
Hanno lavorato con lui tra gli altri Oldani, Cracco, Berton, Crippa, Lopriore e si può dire che la sua è stata una vera scuola che ha formato decine di giovani cuochi.
Il suo pensiero può essere riassunto in queste parole:
“Il giornalista gastronomo francese, conosciuto con il nome di Curnonsky, scrisse che bisogna dare ai cibi il sapore che hanno. Ed è questo il principio che guida la mia cucina. Sgravare un soffritto, eliminare le pesanti besciamelle che nascondono, seppellendolo, un cibo non significa forse “portare alla luce” il suo “vero” gusto liberandolo da strati di consuetudini gastronomiche errate accumulatesi nel tempo?“
Questa non è una biografia, non vuol essere una ricostruzione di una carriera ma solo un omaggio a un caro amico con il quale molto ho discusso ma che ammiro molto.
3 commenti
Forse troppo poco per il gigante che è stato Marchesi.
Gualtiero Marchesi e’ stato, per quanto conosco, il Signore della cucina. non scordero’ mai quando, appena iniziata l’avventura del vino, mi chiamo’ al telefono dicendomi che aveva saputo che favevo buon vino e d’inviarli qualche bottiglia per metterla in carta, meno male che ero seduto !
Grazie Signor Gualtiero per aver creduto un me, Erik
Ottimo commento al ricordo di Gualtiero Marchesi.
Come sempre misurato , sincero, corretto.
Ettore