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Retail media: una nuova frontiera per il vino italiano

Retail Media

Con retail media si indica l’insieme delle attività promozionali che avvengono all’interno dei canali di vendita gestiti direttamente dalle insegne. Un modo per parlare direttamente a chi acquista.

Nel corso degli ultimi trent’anni, la filiera vitivinicola italiana ha investito con decisione su qualità, tracciabilità, identità territoriale. Ha compiuto un salto produttivo, enologico e – in parte – culturale. Ma è rimasta priva di un vero accesso alla comunicazione su larga scala.

Il vino italiano, oggi, non ha un canale efficace per raccontarsi nel luogo e nel momento in cui viene acquistato. La pubblicità classica è costosa e inefficiente, le fiere parlano a un pubblico già coinvolto, i social non bastano. E intanto, in GDO – dove passa oltre il 70% delle vendite – il vino resta un prodotto poco visibile, poco raccontato, poco attivato.

Da questo punto di vista, il retail media rappresenta per la filiera un’opportunità radicale. Un terreno nuovo, ancora inesplorato, che può essere decisivo per superare l’impasse comunicativa in cui la categoria si trova da tempo.

Un cambiamento silenzioso, ma strutturale

Con retail media si indica l’insieme delle attività pubblicitarie e di comunicazione che avvengono all’interno dei canali di vendita gestiti direttamente dalle insegne: banner nei siti e app, contenuti sponsorizzati, QR code, newsletter targettizzate, display digitali in punto vendita, audio e video in-store.

Il fenomeno, già affermato in mercati come Stati Uniti, UK e Francia, sta iniziando a strutturarsi anche in Italia. Selex è stata la prima centrale ad avviare un progetto organico, attraverso la nuova unità Selex Media, con oltre 5.000 schermi in-store previsti e una copertura di 15,5 milioni di famiglie. Altre insegne seguiranno: il retail media è oggi considerato uno dei tre pilastri della GDO del futuro, accanto a omnicanalità e intelligenza artificiale.

Per il vino italiano, che ha sempre dovuto rincorrere l’attenzione del consumatore, si apre ora la possibilità di parlare direttamente al cliente, nel contesto d’acquisto, con contenuti profilati, narrativi, misurabili.

Perché è un’occasione (quasi irripetibile)

Il retail media può offrire alla filiera vino ciò che finora è mancato: uno spazio narrativo.

Non una vetrina promozionale legata al prezzo, ma un sistema coerente per raccontare:

  • da dove viene un vino
  • chi lo produce
  • come si distingue
  • come si può abbinare
  • perché vale quello che costa.

È, in sintesi, l’occasione per trasformare il vino in contenuto, superando la logica della mera esposizione o della scontistica aggressiva.

Il beneficio è duplice:

  • per i produttori, che possono valorizzare i propri asset narrativi
  • per i distributori, che possono rendere più rilevante una categoria oggi piatta e poco guidata.

Una leva strategica per superare lo stallo competitivo

Negli ultimi anni, il vino in GDO ha visto calare i volumi (–3,4% nel 2023, –1,3% nel 2024) e aumentare il valore medio, ma in modo disomogeneo e fragile. La percezione del valore è oggi il vero campo di battaglia. E la comunicazione al punto vendita è decisiva.

Il retail media può:

  • differenziare le etichette in modo narrativo, non solo visivo;
  • sostenere le MDD di qualità con contenuti e campagne digitali integrabili;
  • favorire la rotazione dei vini locali, oggi spesso invisibili;
  • attivare promozioni personalizzate, non solo lineari;
  • educare il cliente finale anche in pochi secondi di video o newsletter.

Cosa serve alla filiera per cogliere questa occasione

Il retail media non si attiva da solo. Serve un cambiamento culturale e operativo.
Servono:

  • Contenuti pronti all’uso: immagini di alta qualità, video brevi, testi descrittivi, tagli narrativi;
  • Competenze digitali di base: sapere cosa significa posizionarsi su un banner, in una campagna push, in un’inserzione profilata;
  • Collaborazione tra filiera e distribuzione: per definire format, linguaggi e criteri di valorizzazione;
  • Una visione strategica di medio periodo: non una campagna spot, ma una nuova infrastruttura comunicativa.

Conclusione

La filiera vitivinicola italiana ha oggi l’opportunità di accedere – forse per la prima volta – a uno spazio di comunicazione nativo, profilato, misurabile, scalabile.

È una rivoluzione silenziosa, che non passerà dalle fiere o dai social, ma dagli schermi di un punto vendita, da una newsletter, da un’app che suggerisce un abbinamento. È in questi luoghi che si deciderà, sempre di più, il futuro commerciale del vino.

Chi saprà attrezzarsi, comunicare, cooperare e investire in questa direzione potrà trasformare un mercato statico in un ecosistema narrativo vivo. Gli altri resteranno sullo scaffale. E questa volta non per mancanza di qualità, ma per assenza di voce.

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