La Valle del Belìce è diventata famosa, purtroppo, per il terremoto che la sconvolse nel 1968. La ricostruzione è passata attraverso la determinazione degli abitanti del luogo per arrivare a oggi, con il cambio generazionale che immette forze nuove.
Una terra incredibile, colori forti come la gente che abita questa zona bellissima della Sicilia. Siamo nella Valle del Belìce. Terra di contrasti, chiaroscuri mozzafiato che ti entrano nel cuore come un’onda. Accoglienza calda dagli ampi sorrisi. Idee chiare e amore per le proprie radici che traspare in ogni movenza. Sguardi fieri e mani forti. Gente determinata e – quello che mi ha colpito di più – giovane. Sì, un ricambio generazionale che ha dello straordinario. La forza del Belice scorre nelle vene dei ragazzi che sono andati all’estero, hanno studiato, hanno fatto esperienza e poi hanno sentito l’esigenza viscerale di tornare e riprendere in mano con competenza ed entusiasmo le aziende dei genitori, a volte dei nonni.
Ho visto meravigliose tenute riportate agli antichi fasti, ristrutturate con gusto. B&b recuperati in vecchi ruderi abbandonati, ritornati a vivere tra maioliche preziose, bougainville secolari e giochi di luce. Aziende agricole provare con forza che i legami tra i sapori di una volta e le moderne tecnologie possono essere attuali e sostenibili. I ritmi lenti del vivere bene e il lavoro sodo che la campagna esige li ho visti andare a braccetto in modo sublime.
Ecco queste sono le premesse del mio viaggio alla scoperta di questo lembo di Trinacria a sud di Palermo, giù verso il mare, tra Menfi, Salemi e Contessa Entellina.
Contessa Entellina e il caseificio Feudo Pollichino
La prima sosta nella suggestiva Contessa Entellina appunto, qui le scritte sono in doppia lingua: italiano e albanese perché la comunità Arbëreshë, insediata qui nel 1450, è ancora viva con la sua cultura, i suoi riti e la sua lingua. Tra di loro, in famiglia si parla ancora questo antico dialetto albanese tanto che non sembra quasi di essere in Italia. Un viaggio nel viaggio in un posto sospeso nel tempo.
A una manciata di chilometri fuori dal paese si trova il caseificio Feudo Pollichino, completamente biologico e a conduzione familiare, che produce pecorino Siciliano Dop, la Vastedda del Belice e la ricotta. Ottocento capi ovini di razza Valle del Belìce, tutti munti a mano. Ai metodi produttivi tradizionali si uniscono i controlli microbiologici e qualitativi avanzati sul latte, per garantire, oltre alla bontà e alla naturalezza dei prodotti, anche quella sicurezza che cent’anni fa non esisteva. Il sapore dei prodotti è indescrivibile, la ricotta su tutti di una dolcezza impareggiabile. Questa viene utilizzata per farcire i mitici cannoli e grazie alla sua dolcezza naturale, data dai pascoli erbosi ai piedi della Rocca di Entella, permette di aggiungere pochissimo zucchero. Risultato? Una nuvola bianca, soffice e saporita.
Maharia e Casa Planeta
È la volta di Maharia – Casa Planeta, nello storico Palazzo Planeta a Menfi, costruito nella seconda metà del settecento che racchiude al suo interno una imponente bougainville e ora adibito a bellissimo relais. Entrare in questo palazzo, per un’amante del vino, è già di per sé un’esperienza unica. In questo posto si è fatta la storia del vino siciliano, simbolo di eccellenza in Italia e anche all’estero. Proprio qui, nel cuore di Menfi Città del vino 2023, batte il cuore di questa grande casa vinicola portata avanti da Alessio, Santi e Francesca Planeta.
In questo territorio fortemente agricolo, dodici Comuni della Valle del Belìce (Menfi, Salemi, Salaparuta, Poggioreale, Gibellina, Partanna, Montevago, Santa Margherita Belice, Contessa Entellina, Sambuca di Sicilia, Caltabellotta, Santa Ninfa) hanno dato vita ad un Gruppo di Azione Locale – GAL – per mettere a sistema le risorse culturali, paesaggistiche ed economiche del territorio nell’ottica di una valorizzazione collettiva. Un forte progetto per fare sistema, per cooperare nella stessa direzione e per far fronte spalla a spalla alle difficoltà che prospetta il prossimo futuro. L’emergenza cambiamento climatico.
Salemi, uno dei borghi più belli d’Italia
Storia millenaria, patrimonio artistico unico, a 442 metri di altezza, alle pendici del Monte delle Rose circondata dalle vigne e dagli uliveti, Capitale d’Italia per un giorno dopo l’arrivo di Garibaldi. Sulla torre del castello fu issata la prima bandiera italiana dopo lo sbarco a Marsala dei Mille. Questo borgo è un gioiello vero e proprio. Le sue stradine di ricordo arabeggiante, sembrano un dedalo da scoprire. Le sue case, distrutte dopo il tragico terremoto del ‘68, stanno piano piano venendo ristrutturate proprio grazie a fondi Comunitari e al grande lavoro di comunicazione in essere da parte delle istituzioni locali.
Anche dopo il lockdown tanti professionisti stranieri, con la possibilità di lavorare in smart working hanno deciso di lasciare il caos e l’isolamento delle grandi città europee per venire a vivere qui. Cullati da questa atmosfera surreale tra storia e cultura. Dove ci si conosce tutti, ci si sente subito a casa e coccolati dalla sicurezza di un presente inclusivo e a dimensione d’uomo. Imperdibile la visita alla Chiesa dei Gesuiti e al polo museale custodito all’interno dell’annesso convento. Dal punto di vista gastronomico la festa del Pane, nel giorno di San Giuseppe è incredibile. Ogni famiglia prepara questi pani decorati in modo elaborato e si organizza un banchetto che prevede dalle 19 alle 101 portate che i bambini devono assaggiare. Pasto luculliano di antiche origini arrivato fino a noi.
Dimora Siqu a Menfi, scrigno di gusto e design
Ritorno a Menfi per una deliziosa cena a Dimora Siqu. Un vero scrigno del gusto in tutti i sensi. Dalla cucina, agli ambienti frutto del recupero conservativo di una dimora di fine 800 da parte di due famiglie di architetti. Questo è un b&b che potrebbe essere definito un boutique hotel. Ogni angolo arredato con cura, ogni stanza un tema. I pavimenti, i quadri, la musica di sottofondo. I piatti che si susseguono sono di ricette locali, dalle ricottine con miele e pistacchi, alla minestra di frutti di mare al dolce tummale, una ricotta delicatissima cotta al forno con l’aggiunta solo di uova e zucchero. Qui gli ospiti possono riprendersi il loro tempo, lento, piacevole, immersi nella bellezza. Partecipare a corsi di cucina, utilizzare le biciclette messe a disposizione per delle passeggiate, fermarsi sul terrazzo a leggere un buon libro. Tutto sempre accompagnato dalla convivialità e gentilezza dei padroni di casa.
Marilena Barbera e il Convegno sulla Sostenibilità
Ho lasciato per ultima la tappa forse più importante di questa tre giorni di immersione totale nella splendida Valle del Belìce: la visita con degustazione verticale nella cantina della “tostitssima” Marilena Barbera. Trentacinquemila bottiglie per la sua azienda biodinamica. Non si fa uso di erbicidi, né di fertilizzanti chimici o prodotti sistemici che possano compromettere la salubrità dell’ambiente e la sua ricca biodiversità. In cantina solo con fermentazioni spontanee. Non si effettuano chiarifiche sui vini e la stabilizzazione avviene con lunghe soste sulle fecce fini e batonnages manuali, sia in legno che in acciaio.
Marilena è una macchina da guerra, innamorata della sua terra, determinata nel far sentire forte e chiaro l’urlo di aiuto che la natura ci sta inviando. Produrre vino sta diventando sempre più difficile. Il caldo aumenta più velocemente di quanto le piante possano adattarsi. Ogni anno sempre più difficile del precedente. Grappoli bruciati dal sole, qui dove a estati calde si era abituati, ma a picchi di pochi giorni, non a temperature africane anche di notte per settimane intere. Mesi e mesi senza una goccia d’acqua. Le riserve, le vasche di laminazione, le reti idriche attuali assolutamente insufficienti a far fronte all’emergenza. Serve un piano a livello Nazionale, serve una strategia di sistema per arginare quella che sembra ormai un’inarrestabile tendenza.
Il Convegno a Menfi
Di questo si è parlato durante la degustazione verticale del suo vino Ammano. E di questo si è continuato a parlare durante il Convegno “La viticoltura mediterranea alla sfida del cambiamento climatico: strategie e tecniche di contrasto alla desertificazione e prospettive di adattamento per la sopravvivenza dei sistemi agricoli”. Hanno partecipato tra gli altri Matteo Bellotta, esperto dell’Euro-Mediterranean Center on Climate Change (CMCC), Alessandra Biondi Bartolini, agronoma e direttrice scientifica di Mille Vigne, Isabella Ghiglieno, ricercatrice dell’Università di Brescia, Guido Bissanti, Presidente del Coordinamento Agro/ecologia Sicilia. Infine Giuseppe Barbera, Professore universitario, esperto di colture arboree. Quello che è emerso dopo aver ascoltato le varie opinioni è sconcertante ma brutalmente reale. Uno schiaffo in faccia che rischia di mettere in discussione tutta la bellezza di cui ho parlato. Non solo in Sicilia che però sta facendo da campanello d’allarme.
L’universo Terra rischia di morire a causa di tutti i veleni utilizzati in agricoltura. Un suolo privo di sostanza organica è un suolo morto, incapace di produrre. Secondo i dati Istat della Regione Sicilia, negli ultimi 33 anni si sono persi 400.000 ha di terreni. Una desertificazione che avanza rapida. La mancanza d’acqua, gli eventi meteorologici estremi, l’utilizzo di combustibili, sono tutti parte dello stesso quadro. Ci troviamo quindi dinanzi a uno scenario immutabile? La risposta è no, a patto che si affronti la situazione da un punto di vista sistemico.