Dopo una “prima puntata” dedicata alla crisi del vino, Daniele Cernilli continua ad analizzare il fenomeno e offre qualche consiglio dettato dall’esperienza.
Certo, le analisi fatte a spanna hanno il valore che hanno. Però quei cinque temi che elencavo nel precedente editoriale sono sul tavolo con tutto il loro peso.
Qualcuno mi ha fatto notare che non è cambiato molto nel nuovo codice della strada. Sono aumentati del 23% i controlli e sono state inasprite le sanzioni, però. Le persone sono spaventate, nei ristoranti è crollato il consumo di vino e comunque il messaggio è chiaro e il combinato disposto anche.
Il vino fa male, in qualunque quantità lo si assuma, la produzione è poco trasparente, se bevi un bicchiere in più e ti metti alla guida rischi pesanti sanzioni. Questo sta accadendo. Poi, è vero, i prezzi molto aumentati scoraggiano. Inoltre, quando consumo qualcosa di tendenzialmente superfluo, del quale potrei anche fare a meno, in toto o in parte, devo avere una motivazione all’acquisto. Se i motivi per non acquistare diventano preponderanti, il gioco è fatto.
Se il vino non ha più un’immagine positiva, costa troppo, fa persino male, la sua produzione non appare eco sostenibile e le denominazioni sono pagliacciate, perché dovrei comprarlo? Un ragionamento tagliato un po’ con l’accetta, ma che fa capire.
È importante capire il contesto
Poi, bisogna anche contestualizzare tutto questo. Un dato: più del 70% del vino, in Italia, è venduto attraverso i vari canali della Grande Distribuzione Organizzata. L’Horeca rappresenta, più o meno, un quarto del mercato. Tutti parlano dei ricarichi operati nella ristorazione, aumentati, talvolta poco comprensibili.
Bisognerebbe anche vedere cosa succede nei supermercati, dove il vino si vende in quantità molto maggiori e dove le persone “normali”, i non appassionati, fanno i loro acquisti. Perché sono loro che fanno il mercato, non noi.
Ma vediamo di dare qualche consiglio pratico.
Ai ristoratori:
In giro per il mondo ho visto anche altri modi per operare i ricarichi. Una cifra fissa, magari con due o tre scaglioni, non legata alle percentuali. Perché, se si ricarica con quelle, i rincari all’origine fanno volare i prezzi, soprattutto per i vini di fascia alta.
Per i produttori:
Capisco che i rincari dovuti ai fattori che conosciamo, vetro, tappi, imballaggi, trasporti, fertilizzanti, annate poco produttive come la 2023, abbiano avuto un effetto pesante sui costi di produzione. Però se si aumentano e basta i prezzi questo non funziona sul pubblico. Bisogna comunicare, e se non lo si fa, l’immagine del vino traballa e in tempi medi ci saranno ancor più problemi per le vendite e per l’export.
Poi, in un paio di anni, ci sarà una concorrenza più forte da parte dei vini dealcolati. Per ora la “linea Maginot” è rappresentata dal fatto che non si possono fare con i vini a Doc e a Docg, ma per quanto tempo? Vorrei vedere una strategia più chiara da parte di Consorzi, organismi rappresentativi come Federdoc, Unione Italiana Vini, Federvini, Confagricoltura e anche Fivi.
Si dovranno prendere decisioni epocali nel mondo vitivinicolo nel prossimo futuro, mi piacerebbe sapere quali sono le proposte concrete, al di là dei soliti minuetti.
Per i consumatori:
Quando andate in giro dotatevi di un etilometro portatile. Costa una trentina di euro. Vi darà la certezza di poter guidare. Il livello di assorbimento di alcol è diverso da persona a persona. C’è chi raggiunge la soglia di 0,5 mg con un paio di bicchieri e chi è sotto quel limite con il doppio.
Poi, cominciate a sondare zone meno famose, che spesso propongono vini ottimi a prezzi più contenuti rispetto a quelli prodotti nelle “golden vineyard” di alcune regioni italiane. Oppure, come fanno in molti Paesi dove non si può proprio bere se si guida, abituiamoci al fatto che un amico, a turno, non beva e possa riportare tutti a casa guidando lui. Banalità, certo, ma molto comuni fuori dall’Italia.
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La seconda puntata finisce qui, con la consapevolezza di aver solo sfiorato un tema così complesso e di non avere la bacchetta magica per cambiare le cose. Forse ce ne sarà una terza.
6 commenti
Ottimo come sempre.
Vorrei saperne di più sul vino dealcolato.
Mantiene le proprietà organolettiche E NUTRITIVE originali?
Ringrazio anticipatamente per la vostra competente risposta.
Distinti saluti / kind regards
Yours sincerely
Giuseppe
Non ho dati precisi, ma se si abbatte l’alcool si abbattono le calorie. Sui valori nutrizionali non ho competenza per risponderle.
Sui caratteri organolettici stenderei un velo pietoso.
Buongiorno e complimenti per l’articolo e l’intera testata.
Che io sappia nessun etilometro in commercio per i “comuni privati” e’ “autorizzato” quindi ok usarlo come test di massima, sperando sia abbastanza preciso, ma occhio a considerare quel che leggerete come un valore ufficiale.
Caro Doctor wine condivido la sua analisi in toto , opero da 36 anni come agente di commercio nel canale Horeca e purtrppo il calo dei consumi è lampante . Se posso consiglierei campagne di informazione sul prodotto vino da parte di tutti noi bisogna ritornare a incontrare la gente spiegando come abbinare il cibo al vino . Non vogliamo produttori superstar vogliamo normalità. I ragazzi non bevono perché non conoscono la cucina mediterranea . Si parla solo di fare cassetto tutti : affitto energia materie prime tutto è salito e salirà ancora . Proporrei al mondo vino di fermarsi un attimo e pensare . Non fare fiere dappertutto per cercare di accaparrarsi 2 clienti . Bisogna fare tutti io compreso un bel passo indietro . UMILTÀ. Saluti Marco Boasso
Ne ho appena acquistato uno. Potrà non essere un dato ufficiale, ma indicativo credo di sì. si chiama VPow e mi sembra funzioni.