Si parla tanto di vini dealcolati (o, più correttamente, dealcolizzati) e da quest’anno è possibile produrli anche in Italia. Cosa potrà significare questo per il settore vitivinicolo? Vediamo l’analisi di Daniele Cernilli.
Dallo scorso mese di gennaio anche in Italia è possibile produrre vini parzialmente o totalmente dealcolizzati (come è corretto dire, rispetto all’aggettivo che sta entrando nell’uso comune “dealcolati”). Per alcuni è una buona notizia, per altri una sciagura. Perciò proviamo a vedere come stanno le cose.
Intanto, per la normativa europea 2021/2117, i vini “dealcolizzati” possono esserlo totalmente, con un tenore alcolico fino a 0,5°, o parzialmente, da 0,5° a 9° totali. Il processo avviene, partendo da un vino convenzionale, e sottoponendolo a distillazione sottovuoto o a osmosi inversa, quindi con procedimenti decisamente invasivi.
I pro
I vini dealcolizzati si producono in molti Paesi del mondo e rispondono a una richiesta di mercato da parte di chi vuole evitare di ingerire alcol. Per motivi di salute, per ragioni religiose, per questioni dietetiche.
Le recenti prese di posizione dell’OMS e dell’Unione Europea tese a limitare e a scoraggiare il consumo di bevande alcoliche vanno proprio in quella direzione e quei vini sembrano essere una risposta precisa.
In più, hanno ottenuto lo status di “vini”, possono essere chiamati così e portano in etichetta quella dizione, quella di “vino dealcolizzato” appunto.
La distinzione con i vini normali passa anche attraverso il fatto che per ora i vini a denominazione Docg, Doc e Igt (o Dop e Igp, come preferite) non possono essere dealcolizzati. Quindi se c’è un disciplinare che tutela l’origine non si possono produrre.
I vini dealcolizzati possono rappresentare una valida alternativa alle bevande gassate, che non sono proprio un toccasana per la salute.
I contro
Di certo per dealcolizzare un vino non è necessario produrre uva di chissà quale qualità, si tratterà di produzioni industriali basate sulla quantità, con vigneti altamente produttivi e uve non necessariamente molto zuccherine.
I macchinari che si dovranno acquistare costano molto e solo grandi aziende potranno permetterseli. Per i piccoli e medi produttori la dealcolizzazione sembra un processo poco praticabile.
L’eventualità che grandi multinazionali del beverage si inseriscano in questo settore non sono solo teoriche e i rischi che corre la vitienologia tradizionale e artigianale non sono peregrini.
Esistono già bevande non alcoliche, come ottimi succhi di mele, che ricordano vagamente il vino. Non si capisce perché bisogna dealcolizzare quello ottenuto dalla fermentazione dell’uva.
Se passeranno le proposte di etichettatura dei vini sostenute da alcune parti in UE, con la dizione “nuoce gravemente alla salute”, ci sarà il rischio di vedere annullati i sostegni all’esportazione e alla promozione del vino, come gli ocm e i psr. Se il vino è nocivo non può essere finanziato da enti pubblici, insomma. È ovvio che questo non riguarderà i vini dealcolizzati, invece.
Dealcolizzare significa anche snaturare i vini di origine
L’alcol veicola i profumi ed è una componente importantissima dell’equilibrio organolettico dei vini.
La tradizione, la cultura, la letteratura legata al vino non ha mai previsto l’assenza di alcol in esso. L’aspetto dionisiaco è parte integrante di questi temi.
Ultima considerazione
Con la dealcolizzazione si ottiene vino dealcolizzato e alcol. Quest’ultimo è monopolio di Stato e deve ottemperare a una regolamentazione e a una tassazione molto rigide. Compreso il fatto di essere stoccato in magazzini preposti, sigillati e controllati dalla Guardia di Finanza. Una cosa complessa, insomma.
E ora la parola è a voi.
7 commenti
…siamo sopravvissuti, egregiamente, alle birre 0 alcool, sopravvivere anche al vino ” dealcolizzato” , con buona pace per Westvletern 12 e Romanee Conti…
Come sempre un ottimo articolo, semplice esposizione, chiaro.
Cosa dire? non saprei, sono sorpreso della possibilità che hanno ottenuto di denominare ” vino” quello dealcolizzato, probabilmente al risultato hanno contribuito tutte quelle forze contrarie all’ alcool.
Mi pare di aver letto che si tenta di riunire le forze di tutti i produttori <europei per una azione di tutela dalle consequenze dell' introduzione di tale prodotto sul mercato, così chiaramente indicate nell'articolo del Dr:Cernilli
Bisogna pensare di incominciare a esporre più semplicemente il vino privandolo dei troppi tecnicismi per tentare di spiegare ai giovani cosa è , la sua cultura la potenza di portare sul mercato un "territorio" , le tradizioni .
Speriamo bene
Un’articolo che offre ottimi spunti di riflessione, soprattutto la parte che riguarda le multinazionali. ” grandi multinazionali del beverage si inseriscano in questo settore non sono solo teoriche e i rischi che corre la vitienologia tradizionale e artigianale non sono peregrini” oltre al danno dunque la beffa, potranno avere contributi per la promozione scapito dei piccoli produttori, mi sembra che potrebbe andare a finire cosi.
Salve, mi chiedo come si possa conservare un vino senza alcool occorreranno porodotti chimici che vengono usati in industria , non molto salutari.
Grosse valutazioni errate, in questo articolo.
Non è necessario produrre uva di chissà quale qualità?
Vero il contrario: se si vuole un dealcolato buono, è necessario partire da uve buone e con un equilibrio di maturazione pensato per dare vini buoni dopo la dealcolazione.
Le piccole aziende potranno poi ricorrere a servizi di dealcolazione conto terzi.
Io stesso sto per fondare una nuova azienda che lo farà, utilizzando tecnologie costosissime, ma di qualità.
Certo, un viticoltore fa delle uve fantastiche, producendo poco per ceppo, in modo sostenibile, poi vinifica con rese in mosto del 60% e infine…..dealcola. Ma in che film….Lei è parte in causa e sta facendo pubblicità alla sua attività. Questa è la sostanza della faccenda.
Escludendo la dealcolazione totale non ha senso secondo me produrre un vino e poi dealcolarlo, sarebbe più semplice e più sostenibile produrre vini meno alcolici…..ricordiamoci che la pratica dell arricchimento è molto usata, basterebbe vietarla ad esempio