Proprietà franco-saudita della famiglia Khashoggi, la Tenuta Maryamado propone un moderno progetto di rigenerazione agricola, vinicola e paesaggistica, come ci racconta Stefania Vinciguerra.
Partiamo dal nome, che non suona certo toscano, ma nasconde l’antica Villa di Lucignano della famiglia Guicciardini, nota nel ‘500 come Villa di Bonorlo. Dopo aver acquistato la proprietà, l’imprenditore franco-arabo Emad Khashoggi, impegnato nel settore immobiliare di lusso, ha deciso di dare alla tenuta un nome nato dalla crasi dei nomi di sua moglie Maryam e suo.
Situata a San Casciano, su un crinale che si affaccia, come la prua di nave, su due anfiteatri a est e a ovest, la Tenuta Maryamado si estende per circa 200 ettari totali. Oltre alla villa cinquecentesca progettata dall’architetto e scultore Gherardo Silvani, comprende svariati casali (in restauro), 30 ettari di vigneto di cui 18 ripiantati, 3.800 piante di ulivo secolari, alberi da frutto, terreni agricoli per la coltivazione di cereali e ortaggi assieme a giardini classici e moderni di piante officinali. Per finire ampie zone boschive.
L’impostazione è stata orientata al biologico fin dall’inizio, per ricostituire un vero organismo agricolo: dal vino all’olio, dalle api all’orto, si coltiva la terra e si cura la re-introduzione della fauna locale incrementando la biodiversità. L’intento della proprietà è di ricreare una fattoria a 360°, “un luogo dove i migliori professionisti, tra agronomi, enologi, oleologi, esperti di biodiversità, architetti, paesaggisti, ingegneri ed artigiani, possano interagire virtuosamente condividendo una visione innovativa, utilizzando qui le migliori tecniche agricole e di restauro”, spiega l’amministratore delegato dell’azienda Marco Recchia.
Il progetto vino
La figura professionale di riferimento per tutto ciò che riguarda il vino è il noto enologo Luca D’Attoma, chiamato a portare la sua esperienza al servizio di una visione che punta tutto sulla qualità dei vini, nel pieno rispetto della natura dei luoghi. Ricerca e innovazione, modernità e conoscenza per produrre vini di grande carattere ed identità.
“Siamo in un’area di grande vocazione, dal microclima eccezionale, con tutte le energie di un progetto nuovo ma con i piedi saldamenti piantati in una terra antica, nella zona dei Colli Fiorentini, dove la storia del vino ha dimostrato una vocazione del territorio speciale per la produzione di vini unici”, ci ha confermato D’Attoma.
I vini hanno la denominazione Toscana Igt e portano avanti un’idea moderna della produzione, a partire dal nuovissimo rosato da uve Syrah, speziato e agrumato, prodotto in questa prima annata in sole 3000 bottiglie. La vigna da cui deriva è giovanissima, esposta ad ovest, più fresca, adatta al rosato. Perché, come ricorda D’Attoma, “è fondamentale la cura dei dettagli”.
Il resto della produzione prevede tre vini rossi, da uve Sangiovese, Canaiolo, Cabernet Sauvignon e Merlot. Oltre alla qualità, mi hanno colpito le etichette, con la silhouette della villa in rilievo, metallizzata. È evidente che niente è lasciato al caso.
Da sottolineare, per concludere, l’eccellente produzione di olio extravergine d’oliva, il primo prodotto dell’azienda in senso cronologico. “Come parte del nostro impegno nel preservare la tradizione agricola locale, abbiamo realizzato un Olearium dedicato a oltre 25 varietà storiche di olive toscane, garantendo così la tutela e la continuità del patrimonio genetico di queste varietà per le generazioni future”. Ma non è tutto: si producono anche pasta di grano duro, miele e prodotti agricoli tipici.
Qui sotto le schede dei tre vini assaggiati, tutti della vendemmia 2021.
