Quando sorseggiamo un vino siamo tutti presi a capirne la piacevolezza e le caratteristiche organolettiche. Dovremmo però prestare attenzione anche al calice in cui viene servito. Ce lo consiglia Iolanda Maggio, per esperienza personale.
Vi siete mai chiesti quanto sia importante il calice che utilizzate quando assaggiate un vino? Quando un vino non ci è piaciuto abbiamo dato sempre la colpa al produttore, all’annata, alla tipologia, alla temperatura di servizio. Ma ci siamo mai chiesti se magari non era servito in un calice sbagliato? Quanto conta il calice giusto?
Di questo si è parlato durante la Riedel Wine Experience che si è tenuta al Rome Cavalieri, organizzata in collaborazione con Gaja Distribuzione. L’incontro è stato interessantissimo e la spiegazione di Maximilian Riedel, undicesima generazione della più antica azienda di arte vetraria al mondo, appassionata e istruttiva (seguite la sua pagina Instagram che è uno spasso).
Un calice giusto per ogni vino

Così come nella musica e nello sport, per creare un fuoriclasse servono tanti elementi, il talento, lo studio, il team e l’attrezzatura perfetta. Ecco anche nel mondo della degustazione funziona allo stesso modo. Serve il talento del produttore, il team e il calice perfetto per esaltare tutte le caratteristiche che il vino ha da mostrare. Il calice come strumento frutto di uno studio attento e rigoroso sia per la funzione che deve svolgere nell’esaltare la qualità del vino, sia dal punto di vista estetico. Essenziale ed elegante.
La Riedel nasce nel 1756 ma è nel 1957 che si specializza nella creazione di calici da degustazione. Diventando subito il marchio di riferimento per gli intenditori di vini, i professionisti dell’ospitalità e i clienti più esigenti di tutto il mondo. Grazie al felice connubio tra precisione artigianale e design innovativo produce calici, tumbler, decanter e linee specifiche per ogni esigenza professionale o amatoriale.
Quattro calici per quattro vini

Davanti a noi una serie di quattro calici della collezione Riedel Veloce. Il Sauvignon Blanc, lo Chardonnay, il Pinot Nero/Nebbiolo e il Cabernet/Merlot. I nomi delle varietà scritti sulla base del bicchiere dallo stelo sottilissimo e dal peso super leggero. Come dire, quando la classe non è “acqua”.
Quattro vini davanti a noi: Marlborough Sauvignon Blanc 2023 Palliser Estate, Puligny Montrachet Chardonnay 2022 Domaine Alain Chavy, Barolo Dragomis 2020 Gaja e Bolgheri Magari 2021 Ca’ Marcanda (sempre di Gaja).
Abbiamo provato a sentire i singoli vini cambiando calice e che differenza!

Il Sauvignon Blanc non maturato in barrique, ad esempio, ha bisogno di un calice con un’apertura più piccola che costringe a portare indietro la testa così che nel bere la lingua è naturalmente la prima parte che ha il contatto col vino. In questo modo abbiamo l’esaltazione dei sapori di frutta, del gusto salino e di agrumi. L’acidità viene bilanciata nel sorso dal calice stesso. Al contrario, provando lo stesso vino nel calice Chardonnay, più ampio e schiacciato, l’acidità e la nota citrina soverchiano il frutto rendendo il vino più ostico tanto da sembrare quasi un altro.
Lo Chardonnay invece, servito nel calice dedicato, mostra la cremosità straordinaria che ci si aspetta da questo vino. Le note delicate di vaniglia, ma anche la bella freschezza salina. Tutto in equilibrio come in una posizione yoga. Lo stesso vino servito nel calice “sbagliato” perde moltissimo di questa sua piacevolezza e non invoglia a continuare l’assaggio.
Le stesse prove fatte anche per il Nebbiolo e per il taglio bordolese del Bolgheri hanno evidenziato le stesse cose. Vini fantastici degustati nel bicchiere meno idoneo non danno gli stessi risultati in termini di performance. Il bouquet, il gusto, l’equilibrio e il finale di un vino sono tutti influenzati dalla forma del bicchiere in cui questo è consumato. Un vino manifesta caratteristiche completamente diverse quando servito in bicchieri diversi.
Il calice non è un dettaglio minore
Considerando anche il fatto che il grande pubblico di appassionati di vino ha un livello di conoscenza e di attenzione sempre più alti, è molto importante dare il giusto peso a questo che non è un semplice dettaglio ma un elemento che ha un posto essenziale nell’esperienza degustativa. Dell’importanza del calice giusto si parla forse troppo poco.
Sembra banale ma non lo è se pensiamo che fino agli anni ‘80 i calici da degustazione non erano assolutamente della forma che siamo abituati a vedere oggi ma avevano quella sagoma con la bocca allargata verso l’esterno a mo’ di campana capovolta. Uno valeva l’altro per qualsiasi vino.
Quindi quando la prossima volta saremo seduti in un’enoteca o al tavolo di un ristorante e ci presenteranno la carta dei vini faremmo bene a fare attenzione anche in che calici verranno serviti. Provare per credere.