Per testimonianza diretta, alcune considerazioni sull’altopiano di Brentonico, il Monte Baldo e il dialogo tra viticoltura e paesaggio di montagna, che sono stati oggetto di un convegno molto interessante.
Se vi dicessi Brentonico vi faccio venire in mente qualcosa?
E se dicessi Monte Baldo?
Se siete Trentini o Veneti probabilmente il vostro riferimento saranno le scampagnate in montagna o le gite sul lago di Garda dove il Monte Baldo si scorge, in tutta la sua altezza e si può ammirare dal basso. Da Malcesine, località lacustre in provincia di Verona, si può comodamente raggiungere una delle vette tramite funivia. In pochi minuti vi troverete a un’altitudine notevole.
Starà poi a voi decidere se proseguire a piedi per vette più alte, godere della compagnia degli Alpaca durante il trekking, o semplicemente fermarvi a mangiare e bere qualcosa in rifugio godendo del fresco e dell’aria di montagna. A pochi metri dal rifugio c’è una malga che vi vende formaggi, burro e ricotte vaccine.
Se siete come me, e avete amici impavidi, potete da Malcesine farvela tutta a piedi e una volta arrivati in cima alla funivia proseguire verso il Trentino, passare per i boschi di Brentonico e raggiungere il rifugio Altissimo a oltre 2000 metri di altitudine. Da lì godrete della vista più bella su Riva del Garda intravedendo tante piccole vele spiegate muoversi velocemente danzando sulle acque blu e verdi del più grande lago d’Italia.
Sarà proprio lì in cima che non avvertirete stanchezza, ripagati dalla vista, e vi renderete conto di quanta strada avrete fatto e di come questo Monte, mettendo in comunicazione Veneto e Trentino, sappia regalare un melting pot di culture, colture, flora e fauna come raramente accade. In questo contesto naturalistico, non a caso nominato “Giardino d’Italia”, tra i 500 e i 700 metri di altitudine circa, trova casa anche la pianta di vite.
Viti di montagna
Pare che qui trovino casa, oltre ad alcuni autoctoni, anche vitigni internazionali come Chardonnay e Pinot nero che naturalmente arrivano a maturazione sviluppando aromi e dolcezze che coesistono con valori di acidità e pH perfetti per basi spumante da rifermentate in bottiglia. Questa è dunque la patria del Trentodoc Metodo Classico, la “bollicina di montagna” che sta crescendo in numeri e affermazione incontrando per schiettezza ed eleganza il favore di numerosi palati.
D’altra parte se il territorio favorisce maturazione di uve nel senso di produzione di basi spumanti centrate, perché non lasciare spazio proprio alle rifermentazioni in bottiglia? E così rispondiamo anche alla domanda se sia il metodo o il territorio che fanno i vini. A mio avviso il territorio ci ha dato un grande suggerimento su che vitigni piantare e in base a come fa maturare le uve ci suggerisce il metodo. Metodo che a sua volta contribuisce a fare grande il territorio stesso.
Dialogo tra viticoltura e paesaggio di montagna
E sull’onda di questo principio, dove tutto è collegato e nulla è lasciato al caso a ottobre 2024, tra le mura di Palazzo Eccheli-Baisi, si è aperto ufficialmente il dialogo tra viticoltura e paesaggio di montagna con il primo, di molti, convegno a riguardo. Un dialogo promosso dall’azienda Albino Armani, tra le prime ad aver investito in questo territorio.
Albino Armani, amante e conoscitore della montagna nonché viticoltore a caccia di territori fragili, ne è fermamente convinto. Brentonico è terreno fertile per la viticoltura sia in termini di storicità che di cambiamento climatico. Altitudine e fenomeni di inversione termica costituiscono solida speranza per il futuro.
Brentonico e Crosara di Brentonico, dove Armani ha i vigneti, sono territori fragili ma vocati; dove la viticoltura si inserisce in sistemi ben più complessi. I vigneti assecondano il territorio, nei suoi versanti e nelle sue pendenze, muretti a secco e terrazzamenti riescono a creare l’illusione di essere in piano. Escursioni termiche e ventilazione regnano sovrane, la natura dei suoli è basaltica. Il suolo vulcanico costituisce un ulteriore vantaggio per le viti. Ricchezza in minerali, terreno fertile per la sostanza organica, capacità di trattenere acqua grazie all’innata porosità. Territorio circoscritto e dalle caratteristiche distinguibili e misurabili.
Un convegno molto istruttivo
L’abbiamo capito durante il convegno grazie agli interventi di uomini di scienza come Attilio Scienza, Andrea Faustini, enologo Cavit, e Duilio Porro, agronomo FEM. Ma la scienza ha saputo essere anche umanistica, grazie all’intervento al convegno di figure come Alessandro de Bertolini, Fondazione Museo storico del Trentino, e ai produttori stessi che prima di tutto hanno voluto condividere il loro senso di appartenenza al territorio.
Proprio questo senso di appartenenza a mio avviso è la parola chiave per la corretta lettura del territorio stesso. Riconoscersi nel territorio incentiva alla conoscenza e alla valorizzazione dello stesso. Sono intervenuti a riguardo Albino Armani stesso, ma anche Elisabetta Foradori, Giacomo e Diana di Sondelaite, Luca Cavallaro per Ferrari Trento, e Paolo Endricci per Endrizzi, azienda che ancora non ha prodotti da questo territorio ma che ha investito in nuova terra proprio qui.
Le due “lezioni” da imparare
Durante questo primo convegno dunque, che si prefiggeva di dar voce a un luogo prezioso, sotto diversi punti di vista, due sono le cose che mi porterò a casa.
La prima è che per il territorio è importante che imprenditori e viticoltori investano nel territorio stesso, specialmente se è in grado di dare risultati in viticoltura tali da diffonderne la nomea in Italia e nel mondo.
La seconda che è bene che, a loro volta, viticoltori e imprenditori si prendano il tempo per investire le loro energie nel dialogo con il territorio. Perché se terra e vigneti si possono acquistare, il sapere, e il saper fare, degli abitanti del luogo non ha prezzo.