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Siamo proprio sicuri che i giovani non bevano vino?

Giovani bevono vino

Stefania Vinciguerra offre qualche riflessione sul consumo del vino da parte dei giovani della Gen Z e dei Millennials. È sbagliato dire che non bevono, bisogna cercare di capire come e perché bevono.

Circondata da gente che continua a ripetere che i giovani non bevono più, mi ero convinta anch’io che questa fosse la verità, finché – parlando con mia figlia – mi sono sentita dire che la sera prima, a casa con le amiche, avevano deciso di fare un aperitivo “disintossicante”, dal momento che “i nostri momenti sociali sono tutti alcolici”.

In che senso? Ho sentito me stessa chiedere. Nel senso che i giovani (Gen Z ma anche Millennials) durante la settimana si incontrano dopo il lavoro e il loro appuntamento è al bar o al wine bar per un drink. Lo so, mi direte tutti che una rondine non fa primavera e inoltre che il drink non è vino ma cocktail. Ma intanto il dubbio si è insinuato.

Ho fatto un po’ di ricerche, cercato un po’ di dati e quel che emerge è un modo diverso di bere rispetto alle generazioni precedenti, ma sarebbe sbagliato limitarsi a dire che “i giovani non bevono”. Semplicemente, i giovani hanno un rapporto con il bere alcolici diverso da quello che avevamo noi e la loro scelta è più sfaccettata.

Uno dei momenti di massima aggregazione è l’aperitivo, anche nella sua orribile deviazione lessicale di “apericena”. Un momento nel quale, ça va sans dire, si beve. E non si bevono succhi di frutta.

Allora cosa si beve? Calici di spumanti, vini bianchi e cocktail vari. Solo che si beve “in modo consapevole”, che significa non bere tanto per bere, ma scegliere con attenzione cosa finirà nel calice. Bere magari con moderazione, ma con maggiore coscienza. Le scelte sono guidate da diversi fattori, a partire dal locale dove bere, che spesso determina la scelta del cosa bere. Perché, questo sì, non è il bere al centro della serata. Si sceglie l’atmosfera e da lì discende il resto. Perché quello che conta è l’esperienza e la corrispondenza ai propri valori: sostenibilità, naturalità, salutismo, benessere, socialità.

Poi, è vero, esiste (e spesso condiziona la scelta) anche il fattore prezzo, non è il caso di dimenticarlo o far finta di non considerarlo. I prezzi dei vini al bicchiere spesso hanno raggiunto cifre esagerate, un bicchiere “paga” la bottiglia all’esercente. Ma questo non aiuta la vendita a chi, con un clic, vede il prezzo della bottiglia. La parola d’ordine per i giovani è qualità a un prezzo accessibile: gli stipendi italiani, lo sappiamo, non sono certo alti. Quindi il valore percepito deve corrispondere al prezzo richiesto, altrimenti, allora sì, si beve altro.

P.S. Come sapete, ieri e l’altro ieri si è tenuta a Milano la presentazione della Guida Essenziale ai Vini d’Italia 2026. In due giorni sono entrate circa duemila persone con una percentuale altissima di giovani, che si informavano, si consultavano, assaggiavano e commentavano. Sceglievano in base alle proprie idee e postavano foto. Perché anche questo è da considerare: oltre al vino bevuto, c’è anche quello condiviso sui social.

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