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Unione Italiana Vini: reagiamo alle difficoltà

Secondo l’Unione Italiana Vini bisogna adeguare il Testo unico del vino per reagire alle difficoltà. L’offerta di vino supera la domanda, con la prossima vendemmia c’è rischio di 90 milioni di ettolitri in cantina con un conseguente crollo dei prezzi. L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui il vigneto cresce e non sono state prese misure per fronteggiare la crisi.

“In uno scenario complesso, il settore è chiamato a una presa di coscienza. Unione italiana vini chiama a raccolta il settore per riunirsi e lanciare un piano di revisione del Testo unico del vino, in coerenza con l’attuale situazione di mercato. L’obiettivo è attualizzare la legge e i suoi decreti attuativi entro il 2026, a 10 anni dalla sua entrata in vigore”. È la proposta del presidente di Unione italiana vini Lamberto Frescobaldi (confermato ieri alla presidenza), fatta nel corso dell’assemblea nazionale dell’associazione che conta oltre 800 soci e l’85% dell’export italiano.

Una proposta che – secondo Frescobaldi – dovrà fare sintesi delle istanze del settore, per stringere la cinghia produttiva e garantire la sostenibilità di tutta la filiera. “Visto il calo dei consumi a livello globale – ha aggiunto – non possiamo più permetterci di inondare la Cantina Italia con vendemmie da 50 milioni di ettolitri, che rappresentano la media produttiva degli ultimi 25 anni”.

Mercato e incognita vendemmia

Proprio il tema del potenziale, assieme a quello del mercato, è stato il focus dell’Osservatorio Uiv, presentato da Carlo Flamini. Secondo l’analisi, i primi 5 mesi di quest’anno hanno accusato forti cali tendenziali dei volumi consumati in tutti e 4 i principali mercati di sbocco (Italia a -1,8%, Stati Uniti a -4,7%, Uk a -3% e Germania a -9,6%). Questi 4 Paesi insieme quotano il 73% del fatturato italiano per le imprese di vino tricolori. Il saldo delle vendite nel retail segna una contrazione del 3,4%, che sale a -5,3% per i vini fermi/frizzanti (+4,9% gli spumanti).

In questo contesto, che coinvolge tutti i Paesi produttori, l’Italia è però l’unica a veder aumentare il proprio vigneto e perciò il proprio potenziale. Secondo le stime dell’Osservatorio, una vendemmia da 50 milioni in carenza di domanda determinerebbe un quantitativo in cantina al prossimo ottobre da circa 90 milioni di ettolitri, l’equivalente di quasi 2 raccolti.

Una condizione insostenibile in questo momento storico, che porterebbe a una vera e propria decurtazione dei valori del potenziale stimata attorno al 5,3%. Ovvero oltre mezzo miliardo di euro di saldo negativo tra 2025 e 2024 e un prezzo medio del valore della produzione in ribasso in doppia cifra. “I problemi c’erano anche prima – ha aggiunto Frescobaldi – ma siamo stati ‘salvati’ da 2 vendemmie eccezionalmente contenute rispetto alle medie; ora serve un bagno di umiltà, produrre 7-8 milioni di ettolitri in meno per mantenere il timone di uno degli asset italiani più remunerativi della nostra bilancia commerciale”.

Abbassare le rese e rivedere il sistema Dop

Secondo Uiv, i correttivi da mettere in campo con urgenza afferiscono a tutta la sfera della gestione domanda offerta della filiera. A partire dall’abbassamento rese delle uve per ettaro, anche con la fine delle deroghe per i vini generici, l’allineamento delle rese dei disciplinari con quelle reali sulla media degli ultimi 5 anni, con una contestuale revisione del meccanismo che consente gli esuberi per le Dop (riduzione o eliminazione del 20%), la revisione dei meccanismi di riclassificazione, l’aggiornamento delle tempistiche di adozione degli strumenti di gestione delle produzioni, lo stop alle nuove autorizzazioni all’impianto per un anno.

Per Uiv è anche necessario riorganizzare il sistema delle denominazioni. Le prime 20 denominazioni rappresentano l’80% del volume del vino italiano, significa che un numero sproporzionato di vini a Doc/Igt (sono 529 quelle riconosciute) esiste solo sulla carta. “Occorre risolvere l’anomalia mediante un sistema di accorpamento e riorganizzazione territoriale per singola regione – ha aggiunto Castelletti –. È un processo che dovrebbe certamente essere sviluppato dai singoli territori. Ma che, a nostro avviso, il Comitato nazionale vini, le cui competenze andrebbero attualizzate nel Testo Unico, potrebbe incoraggiare e coordinare a livello nazionale”.

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