Come costruire valore per il vino in GDO nella nuova fase dei consumi, per superare la logica del prezzo.
Per anni, il prezzo è stato il primo (e spesso l’unico) messaggio con cui il vino si è presentato al consumatore nella GDO. Ma oggi il contesto è cambiato. Non solo le promozioni tradizionali hanno perso efficacia – come abbiamo già visto – ma soprattutto è mutato il quadro culturale e psicologico in cui si compiono le scelte di acquisto.
Il consumatore contemporaneo, anche nella spesa quotidiana, è meno fidelizzato, meno prevedibile, più sensibile a stimoli di senso, estetica, sostenibilità, esperienza. In questo scenario, il vino rischia di rimanere schiacciato in una categoria percepita come difficile, poco parlante e non essenziale. Se vuole restare rilevante, deve imparare a costruire valore, non solo a difenderlo.
Il prezzo non basta più (né a vendere, né a spiegare)
La pressione promozionale resta alta, ma i dati mostrano chiaramente che la leva del prezzo, da sola, non sposta più le scelte come un tempo. E non solo perché il consumatore è più attento, ma anche perché è più confuso: l’assortimento è vasto, le etichette simili, i messaggi poveri di contenuto reale. In assenza di segnali forti e coerenti, il prezzo non distingue, non guida, non rassicura.
Anzi: un prezzo basso può diventare un segnale negativo, se non è accompagnato da un racconto credibile del valore che lo sostiene. Il paradosso è che anche i prodotti di fascia alta soffrono, non perché troppo cari, ma perché non adeguatamente spiegati.
Cosa intendiamo davvero per “valore”?
Costruire valore non significa solo alzare il prezzo o parlare di qualità. Significa rendere comprensibile al cliente perché un prodotto ha un certo posizionamento, e farlo con coerenza, semplicità e continuità.
Nel vino questo può avvenire su diversi livelli:
- Valore d’uso: quando bevo questo vino? Con chi? In quale momento della giornata o della settimana?
- Valore identitario: cosa rappresenta questo vino? Un territorio? Una storia familiare? Una filosofia produttiva?
- Valore relazionale: mi aiuta a fare bella figura? A sorprendere? A coccolarmi?
- Valore simbolico: comunica un’estetica, un mondo, un modo di stare al mondo?
Se questi livelli non vengono attivati – nel punto vendita, sull’etichetta, nei contenuti digitali – non c’è prezzo che tenga.
Cosa può fare la GDO? Cosa può fare la filiera?
Per costruire valore, serve un’alleanza nuova tra chi produce e chi vende. Nessuno può farcela da solo. Alcune leve su cui lavorare:
- Packaging parlanti: non è solo questione di grafica, ma di dare subito una “chiave di lettura” del vino.
- Segmentazione per occasioni d’uso: classificare i vini per momento, funzione, uso concreto (es. “per la grigliata del sabato”, “per un regalo elegante ma non impegnativo”…) è più utile che distinguerli per vitigno o gradazione.
- Contenuti coerenti nei diversi canali: il valore va raccontato nello scaffale fisico, ma anche nel sito, nella app, nella newsletter. Deve esserci coerenza narrativa.
- Presenza del vino nei programmi loyalty: se il vino è associato a premi, punti, scelte personalizzate, esce dalla logica commodity.
Una nuova fase dei consumi
La vera svolta è culturale. Oggi il consumatore medio non si accontenta più della qualità tecnica, ma cerca prodotti che lo rappresentino, lo rassicurino, lo ispirino. In questa fase di “consumi rallentati ma selettivi”, il vino può giocare un ruolo se riesce a emergere come categoria interessante, non intimidatoria; accessibile, ma non banale.
Costruire valore, quindi, significa rendere il vino rilevante e non solo competitivo. Significa aiutare il cliente a capire cosa compra, perché lo compra, e perché ne vale la pena.
Conclusione
Non è il prezzo che salva il vino, ma la capacità di raccontare perché quel prezzo ha un senso.
Nel nuovo scenario della GDO, chi costruisce valore guadagna attenzione, legittimità e futuro.
È il momento per produttori e retailer di guardarsi negli occhi e chiedersi: abbiamo ancora qualcosa da dire insieme, oltre il cartellino del prezzo?



